lunedì 3 giugno 2013

ADE - SESTA PARTE


Era una vecchia Mustang Ford, in versione Shelby GT, del 2011: muscolosa, grintosa, spettacolare; nero lucido con una doppia striscia bianco brillante, che le correva dal cofano per tutto il tetto, fino alla coda; cerchi bruniti a cinque razze sdoppiate da 19 pollici, gomme Goodyear, freni Brembo e cambio a sei marce manuale, con rapporti corti; appena la vidi rimasi a bocca aperta: era perfetta come nuova ed era una vera rarità; di macchine della sua epoca ne erano rimaste veramente poche e ancora meno tenute in quello stato; mi ero avvicinato con reverente ammirazione, dimentico anche delle minime buone maniere, preso dall'estasi di quella meravigliosa creatura; sono state costruite tante automobili straordinarie e leggendarie, ma quella che avevo davanti a me in quel momento, oltre alla sua bellezza rude e brutale (che o si ama o di odia) aveva in se una della più emozionanti realizzazioni motoristiche mai concepite: il V8, aste e bilancieri con compressore, di 540 cavalli, che emetteva il più dirompente suono motoristico della storia; di motori per automobili sportive ne sono stati fatti a bizzeffe, anche più sofisticati (basti considerare Ferrari e Lamborghini) ma quello era IL motore e la sua voce, udita in film, telefilm e vecchi filmati dimostrativi, seguitava a darmi dei brividi incredibili; mente seguitavo ad ammirare la KR (King of the Road, Re della Strada), sentii Chris che mi chiamava; mi girai verso la direzione della sua voce con riluttanza: --ti presento mio nonno James...--; sapevo che quell'uomo, che Chris adorava, doveva avere sui 75 anni, ma sembrava un cugino di Chris: in forma, muscoloso e tonico; quando mi strinse la mano cominciai a capire quale linea genetica aveva creato Chris e ne fui immensamente grato, ma le sorprese non erano finite lì, perché alla presentazione di Chris, lui aggiunse del suo: --Jim per gli amici; Chris mi ha parlato molto di te e sempre bene; i miei complimenti, ci vuole una forza non comune per tenere testa a questa streghetta...-- lo disse con un sorrisetto d'intesa, ma abbassò un poco la voce –...è cresciuta con me, grazie a quei dementi dei suoi genitori1; devo dire che è venuta su molto bene; è stato faticoso ma insieme bellissimo, perché se decide di essere dolce...-- mi guardò con aria di complicità –...ma che te lo dico a fare, lo saprai di sicuro--; cambiò discorso, voltandosi verso la Mustang: --bella macchina; l'ho trovata per caso una ventina di anni fa, buttata a marcire in un capanno, sotto un telo; stavo dando una mano ad un vicino, dopo un tornado e il vento aveva scoperto, rivelandolo, una parte del cofano; l'ho riconosciuta subito e l'ho comprata per pochi soldi; gli ho fatto un favore, a quel mio vicino, non è uno che apprezzi l'antiquariato; ho impiegato cinque anni a sistemarla e per alcuni pezzi mi sono dovuto affidare a ricostruzioni basate sulle informazioni reperite negli archivi della vecchia Internet; si può dire che sia praticamente identica ad una originale, salvo allo scarico, più libero; sai, per dare un po' più di grinta al suono del motore--; sollevai leggermente un sopracciglio: gliene fosse mancata, di grinta... ma si sa a certa gente non basta mai e io ero uno di quelli; mentre cercavo di immaginare quella grinta extra, un suono, come di un sonaglino, richiamò la mia attenzione ed il mio sguardo, seguendo quel suono, incrociò il luccichio di un mazzetto di chiavi, sventolato davanti al mio naso; quando mi resi conto del nome sul portachiavi, capii che erano le chiavi della Mustang; guardai Jim, speranzoso e lui mi esaudì: --provala--; mi fiondai verso di lei e feci appena a tempo a sentire Jim che diceva: --l'entrata della pista è dietro l'officina--; una Mustang Shelby GT con 540 CV, le sue chiavi nelle mie mani e una pista: dovevo essere morto ed essermi meritato il paradiso; accesi il motore, che partì all'istante, con un borbottio sordo; pigiai l'acceleratore e la gloria degli angeli si udì sulla Terra; non avevo mai guidato una automobile di quel genere, ma avevo accumulato migliaia di ore con i video giochi di guida e quella automobile era stata sempre tra le mie preferite; lei e la versione dello stesso anno della Lamborghini Gallardo Superleggera; altro motore dalle caratteristiche e dal suono divino, anche se ben diverso: 10 cilindri a V, 570 CV, trazione integrale sofisticatissima e una linea degna di una dea; inserii la marcia e mollai la frizione rapidamente, accompagnando proporzionalmente con l'acceleratore, per due secondi mi trovai proiettato in un'altra dimensione, non abituato a subire le accelerazioni reali di un'automobile che si mette di traverso, ma resettai immediatamente il mio cervello e, senza alzare di un millimetro il piede dall'acceleratore, presi il controllo della macchina: percorsi tutta la strada (una esse di cui la prima curva più larga della seconda) per l'entrata della pista con le ruote fumanti in un perfetto ed esilarante drift, controllando l'angolo di intraversamento con l'acceleratore; la Shelby aveva una messa a punto perfetta e la manovra fu fluidissima: ero al settimo cielo; ho seguitato a girare su quella pista di cinque chilometri fino a che la macchina non si è fermata da sola, sul momento pensai di averla fusa, ma la voce di Jim, che usciva da un altoparlante connesso ad una radio a corto raggio, mi rassicurò: --hai finito la benzina; arriviamo a portartene un po'--; rimasi seduto, elettrizzato e svuotato insieme; era stata una delle esperienze più esaltanti della mia vita, seconda solo all'essermi innamorato di Chris e alla scoperta di Atlantide e prima di innamorarmi dell'archeologia, ero determinato ad intraprendere una carriera da pilota professionista.
Il motore della Krizs, chissà per quale motivo, aveva un suono molto simile a quello della Mustang; sentii Dersyul, decisamente scosso, domandare retoricamente: --ma come ci siamo finiti dentro a quel diavolo di mega buco nero?-- nessuno rispose, ma sia lui che Monpik seguitarono a esaminare i diari dei sensori; io e Chris rimanemmo in attesa del responso, ma nel frattempo a Chris venne in mente che la soluzione, almeno una parte di essa, era venuta fuori dal mio cervello di scimmietta evoluta: --come ti è venuto pensato di disattivare i sistemi automatici; in teoria dovrebbero essere più reattivi del controllo manuale-- infatti a prima vista era perfettamente logico, ma in quei concitati momenti avevo supposto che ci si trovasse in una situazione anomala: --non credo che la Krizs sia progettata per avventurarsi così vicino ad una singolarità quantistica, di quelle dimensioni, se mai sia possibile progettare un'astronave del genere; il sistema di sicurezza agisce con molto anticipo, proprio per impedire un eccessivo avvicinamento, quindi ha una capacità energetica solo sufficiente a contrastare l'attrazione di gravità e le forze mareali di un buco nero da una certa distanza; i sistemi automatizzati, me lo spiegava Dersyul giusto un paio di giorni fa, cercano di prevenire rischi all'equipaggio, ma cercano anche di auto conservarsi; ergo, se messi troppo sotto pressione, si disattivano, per poi tentare nuovamente di contrastare il pericolo; questo tira e molla è stato quello che abbiamo subito; disattivare gli automatismi ha permesso a Dersyul di prendere il controllo dei motori, dedicando loro tutta l'energia prodotta dai generatori e di indirizzare l'astronave in una maniera che l'intelligenza artificiale, in realtà un pochino limitata, non ha saputo concepire; la logica della I.A. fa si che davanti ad un pericolo come quello che ci siamo trovati ad affrontare, metta a 180° gradi la Krizs e cerchi di dare potenza agli smorzatori di inerzia e di contrastare l'attrazione gravitazionale contemporaneamente, con il risultato di non ottenere nessun successo; il controllo manuale ha consentito a Dersyul di sfruttare la stessa attrazione gravitazionale del buco nero per acquisire la velocità di fuga che ci ha permesso di sfuggire al mostro; siamo stati mooolto fortunati; aver iniziato quella manovra solo un minuto più tardi avrebbe significato l'impossibilità di venire fuori dalla voragine, perché la velocità di fuga necessaria sarebbe stata irraggiungibile. Chris fece una smorfietta di approvazione, davanti alla mia istintiva logica, che ancora una volta, aveva estrapolato da pochi dati una soluzione perfettamente adatta a risolvere una situazione molto rognosa; ma dove Chris era abituata a questi balzi logici da parte mia, ne Dersyul, ne Monpik avrebbero mai immaginato che questo loro arretrato e poco colto nuovo amico avrebbe potuto risolvere una tale situazione dove neanche loro, in collaborazione alla I.A., erano riusciti; entrambi avevano ascoltato la spiegazione che avevo dato a Chris senza dire una parola, ma in fondo la mia logica non faceva una grinza; decisi di approfittarmi un po' di loro, prendendoli in giro: --era facile da capire... è come se in fondo ad un rettilineo, dovendo pestare sui freni e poi cominciare a sterzare, ti ritrovassi senza grip a causa di una chiazza d'olio: seguitare a frenare sarebbe del tutto inutile, neanche il più sofisticato degli ABS può più risolvere il problema; l'unica maniera è mollare i freni, tirando dritto con lo sterzo e sperare di recuperare trazione e grip prima di finire contro il muretto esterno, usando la massima delicatezza possibile; come ha detto Doc Holiday, all'atto del conoscere Wyatt Hearp, giustificando la sua velocità unita alla grande precisione nello sparare: “con calma, ma alla svelta” insomma, sangue freddo e niente panico; dalle espressioni di Dersyul e Monpik era chiaro che ovviamente non avessi spiegato loro un bel niente2; li guardai insistentemente, come stupito della loro difficoltà nel capire, poi Chris mi diede uno schiaffetto su una spalla e non resistetti più, iniziando a ridere, ripromettendomi di far loro vedere quel film, perfetta metafora della natura umana, selvaggia e razionale insieme; mi guardarono con finta disapprovazione, ormai consci di essere stati vittime di uno scherzo; Monpik, fingendosi imbronciata, mi si avvicinò per poi in realtà abbracciarmi e darmi un bacio: --grazie, ci hai salvato la vita!--; replicai: --è stato un vero piacere, amore!--; il silenzio venne rotto da un allarme sia sonoro che luminoso; Dersyul girò lo sguardo verso la consolle “allarmi e riparazioni” e con un gesto spazientito spense l'allarme; Chris lo guardò per una spiegazione, che lui non mancò di dare prontamente: --oh, niente di che', una perdita di pressione nel circuito di raffreddamento del sistema di produzione dei gravitoni... già in corso di riparazione-- guardò verso di Chris facendo spallucce; Chris non poteva evidentemente più di tutte quelle emergenze: --ah, certo, che sarà mai; solo un'altra interessante giornata all'Inferno...-- si girò e prese la via della camera da letto; avevo assistito a quel repentino cambio d'umore, con stupore, ma Monpik, ancora vicino a me, tenendomi per mano, ipotizzò: --gli ormoni cominciano a fare i capricci, vado da lei-- si stava chiaramente riferendo agli ormoni che la maternità stavano iniziando a mettere in circolo in quantità rilevanti ed evidentemente sbilanciate, che purtroppo condizionavano anche le reazioni emotive; mentre guardavo la dolce Monpik avviarsi nella direzione di Chris, mi dovetti rendere conto che sarebbero stati mesi complicati, anche non tenendo conto del problema Zertwat, perché l'equazione -Chris+equilibrio ormonale sballato- sapevo essere equivalente alla famosa equazione einsteniana di conversione materia-energia che giustificava la potenza delle armi nucleari: E=MC2; temevo per la piccola Monpik, ma le diedi fiducia, sapendo anche che con il tempo Chris aveva imparato ad accettare la vicinanza delle altre persone, anche nei momenti in cui era nervosa o arrabbiata, senza prenderle a bastonate; infatti dopo circa mezzora, durante la quale io e Dersyul avevamo controllato le operazioni di riparazione automatiche, Monpik tornò indietro, intera e senza lividi; la guardai, chiedendole: --tutto bene?-- e lei, accennando un si con la testa e confermando: --si, si, adesso si è addormentata; le ho dato un tranquillante e domani penso che potrò dare una regolata al suo sistema ormonale, così non avrà ulteriori problemi--; bene, tutto a posto e anche la Krizs stava tornando alla piena operatività, via via che tutte le spie tornavano sul verde; rimaneva da capire come era potuto succedere di trovarsi quasi dentro ad un buco nero senza preavviso, ma sarebbe stato molto difficile, perché stando alle parole di Dersyul, tutti i sistemi, fino all'esatto momento dell'incidente, risultavano essere in perfetta efficienza, compresi di conseguenza i sensori gravitazionali che avrebbero dovuto rilevare con molto anticipo la presenza di un campo gravitazionale così intenso e fare deviare automaticamente la Krizs, avvisando semplicemente dello scampato pericolo; Dersyul programmò per il giorno dopo un esame più approfondito, di persona, settando, nel frattempo, i sensori alla massima potenza; ci ragionò su e poi vidi che portava la sensibilità oltre il limite massimo; mi sembrò strano: --perché eri titubante?--; in realtà era semplice: --per rendere più sensibili i sensori devo alimentarli pesantemente e questo non fa loro bene; è una procedura sconsigliabile per lunghi periodi, perché può comportare la distruzione dell'isolamento della matrice quantistica alla base del loro funzionamento; renderli nuovamente operativi comporta la loro completa “ricostruzione”, che richiede almeno due giorni, lasciandoci senza margini di sicurezza dovesse avvenire nuovamente un incidente come quello di oggi; solo che non abbiamo alternative a meno che non si faccia raffreddare periodicamente i gruppi sensori e va fatto manualmente, giusto quando stanno per surriscaldarsi--; dal tono deducevo che Dersyul avesse messo fine al ragionamento, rassegnandosi a rischiare la distruzione dei sensori, ma mi venne in mente una possibile via di mezzo, dal non avere sensori sufficientemente sensibili al doverli distruggere per rimediare al problema: --ogni quanto vanno disattivati?--; Dersyul mi guardò: --perché?-- replicai: --potremmo fare dei turni, disattivarli quando sarà il momento e poi riattivarli; potremo così rimanere protetti il più a lungo possibile senza distruggere i sensori--; ne avevo azzeccata un'altra e in quel momento mi resi conto di un fatto: l'avanzatissimo Homo Superior, di cui Dersyul ne era uno dei massimi e migliori esempi, aveva raggiunto vette tecnologiche quasi magiche, ma si affidava completamente a sistemi automatizzati (più o meno intelligenti) e, viziato da tutti questi automatismi, non riusciva più a concepire soluzioni “manuali”, generalmente inadatte a gestire problemi, ma nei fatti unica soluzione quando situazioni anomale mettevano fuori gioco gli automatismi, con parametri eccedenti le loro specifiche di funzionamento, necessariamente non illimitate; in compenso l'Homo Superior era flessibile ed umile, quindi accettava la soluzione evidentemente corretta, senza fare storie: --chi fa il primo turno?--; feci la mia proposta: --se non sei stanco, possiamo rimanere insieme; il primo che crolla, si mette qui da una parte a dormire e l'altro si prende un bel caffè e si mette a passeggiare in giro, qui nella sala o poco oltre; quando sente che non ce la fa più, chiede il cambio e così via; domattina quando le ragazze vengono a fare colazione, ci danno il cambio, per farci riposare adeguatamente e quando ci saremo svegliati, inizieremo la diagnostica manuale--; Dersyul non ebbe obiezioni: --non avrei saputo pensare meglio, ma... che facciamo per reggere insieme?-- lo guardai con atteggiamento di sfida: --vorrei insegnarti un giochino di carte molto diffuso sulla Terra, chiamato poker, precisamente la versione Texas Hold'em...--; le ragazze ci trovarono impegnati in un heads up sanguinoso, dove interi universi avevano cambiato mano innumerevoli volte; era chiaramente uno stallo, tra la mia esperienza e la sua capacità di calcolo delle possibilità, ma ormai presi dalla competizione saremmo andati avanti all'infinito e solo le dure necessità della situazione ci portarono a più miti consigli, proclamando una parità e l'interruzione delle ostilità.
Dopo un'ulteriore tazza di caffè, rinunciando ad an­dare a dormire, ognuno dotato dei suoi strumenti di misura­zione e controllo, iniziammo il giro di verifica della Chris, per cercare di capire come fossimo potuti finire quasi dentro al buco nero, senza il necessario preavviso; non sapevo di preciso cosa misurasse l'apparecchio multifunzione che avevo in dotazione, ma sapevo solo che dovevo controllare il livelli di lettura, ed in caso fossero stati fuori scala, avvisa­re Dersyul che avrebbe fatto le necessarie verifiche. Stava­mo appunto camminando in giro, muovendo davanti a noi a ventaglio gli strumenti, che il livello centrale saltò di colpo a fondo scala, iniziando a tremare violentemente, preso in mezzo dalla spinta al salire di valore e l'elasticità della lancetta che lo faceva rimbalzare indietro, per poi essere nuovamente spinto in avanti e così all'infinito; mentre fischiavo tra i denti dallo stupore di quella reazione, regolai la scala di lettura, che andava di mille in mille, cioè passava, ad esempio, da mille ad un milione ad un miliardo e così via, fino a trovare una posizione “comoda” per la lancetta, in una scala tra 1.000 miliardi ed un milione di miliardi e quindi tra 10 x 1012 e 10 x 1015 ; Dersyul, ovviamente attirato dal mio fischio, si avvicinò a me e gettando un occhio sul mio strumento, fu stupito come me, ma a ragion veduta: --adesso comincio a capire cosa è successo...-- non disse altro, settando anche il suo strumento per rilevare le stesse informazioni del mio e facendo una serie di operazioni di ulteriore analisi; stavo friggendo dalla curiosità, ma lui non si decideva a dirmi niente, così alla fine lo tirai per una manica, come fanno i bambini quando vogliono attirare l'attenzione dei grandi; girò il suo sguardo verso di me, in una sorta di trance mentale, ma lo risvegliai afferrando meglio il suo braccio e scuotendolo un po': --allora... che è successo?--; il suo sguardo tornò lucido e mi si puntò dritto negli occhi: --siamo incappati in una enorme anomalia spaziale; intendo dire una anomalia della trama dello spazio; sono state sempre teorizzate ma mai rilevate prima; si formano quando due enormi buchi neri, entrano in contatto dopo un avvicinamento sempre più veloce; sarebbe più corretto dire che entrano in collisione violenta...-- lo interruppi, credendo di aver intravisto un errore nel suo ragionamento: --ma non è quello che succede di solito e che genera un Gamma Ray Burst?--; fece un piccolo cenno di assenso con la testa, facendomi credere di averci azzeccato, ma in realtà la cosa era un po' diversa: --ma questa ne è la versione estremamente più violenta; i GRB si originano dalla fusione di buchi neri e/o stelle di neutroni nate da due supernove e che sono entrate in orbita reciproca, la quale orbita degenera per poi farle collidere; i campi gravitazionali e magnetici si uniscono e le turbolenze che ne derivano causano il rilascio di un impulso Gamma potentissimo, che come livello energetico rivaleggia, per alcuni istanti, con l'energia emessa da tutto l'universo in quello stesso periodo di tempo; comunque la cosa è spalmata in un certo lasso di tempo; il nostro caso è diverso soprattutto nella scala di tempo; nel nostro caso due buchi neri iper-massicci, si sono diretti in linea retta, l'uno contro l'altro e si sono schiantati a velocità relativistiche, quindi molto vicine alla velocità della luce; un secondo prima non c'era niente, un secondo dopo c'era un mega buco nero, che ha iniziato a emettere un campo gravitazionale immensamente superiore a quello dei due buchi neri esistenti prima; il sistema di sicurezza si è ritrovato dentro a quella tempesta gravitazionale senza preavviso; è come essere stati teletrasportati da molto fuori i confini pericolosi a molto, molto dentro la zona di pericolo--; la conseguenza di tutto questo era che, in realtà, gli apparati della Krizs erano perfettamente funzionanti e che eravamo stati fortunati, davvero tanto, perché anche se tanto vicini, non ci eravamo trovati dentro l'orizzonte degli eventi di quel nuovo mostro cosmico; ora mi era chiaro quasi tutto: --da cosa lo hai capito?-- domandai a Dersyul muovendo l'apparecchio di misurazione a dire: “spiegami cosa hai letto qui e cosa significa”; Dersyul si avvicinò di nuovo a me mi mostrò sul suo strumento, digitale, diversamente dal mio, la sigla che contraddistingueva quella specifica misurazione: RHL, aggiungendo la sua spiegazione: --è la misurazione del Livello della Radiazione di Hawking3, lo avevo tradotto per darti un riferimento, ma ora mi rendo conto di non avertelo spiegato; se non lo sai la Radiazione di Hawking, è il grado di “evaporazione” del buco nero...-- in realtà lo sapevo –...ed è maggiore quanto più grande è il buco nero; questa energia emessa lascia un residuo eccitando leggermente gli elettroni della materia che colpisce secondo uno spettro ben riconoscibile e leggibile; ed ecco spiegato il mistero; aiutai Dersyul a verificare i dati e poi tornammo indietro dalle ragazze; eravamo stati via giusto una mezzora, così Chris sembrò stupita: --già fatto oppure non ce la fate a stare svegli?-- prendendo un biscotto dal suo piatto, rischiando un paio di dita della mia mano sinistra, feci un passo indietro, mentre mi mettevo il maltolto in bocca: --la prima che hai detto; siamo stati testimoni di un evento cosmico rarissimo, talmente raro che è la prima volta che se ne riscontra uno--; l'espressione di Chris fu chiarissima, dato che anche io avevo pensato la stessa cosa: ci dovevamo finire in mezzo proprio noi, evidentemente!; avevo notato che Monpik non era lì con lei e mi girai intorno per cercarla con lo sguardo; Chris capì al volo cosa stessi facendo: --sta facendo una doccia... sai abbiamo fatto l'amore, mentre voi, stanotte, stavate di guardia-- lo disse un po' timidamente, forse ancora imbarazzata di quella relazione extra “noi”; mi avvicinai a lei e le diedi un bacio sulle labbra, poi rivolto a tutti e due, Chris e Dersyul, mi congedai: --la raggiungo, se non vi dispiace--; Chris fece un sorriso fantastico e Dersyul aggiunse: --sarebbe ora!--; non ero evidentemente l'unico a essermi reso conto di non aver ancora fatto l'amore con Monpik, ma le cose erano state abbastanza complesse in quei giorni e/o, forse, non mi ero ancora sentito pronto; era il momento giusto; aver visualizzato il corpo nudo di Monpik sotto la doccia, pur non conoscendolo realmente, mi aveva reso incredibilmente desideroso di lei; senza frapporre altre parole, mi diressi verso le stanze da letto, ma sbagliai il primo tentativo; avevo pensato che fosse nel bagno della sua camera, invece la trovai in quello della camera mia e di Chris; era ancora nel bagno, ma si stava infilando degli slippini rosa con un fiocchetto azzurro sul davanti, che chiudeva un ricamino azzurro che correva per tutto il perimetro superiore e anche sul perimetro dei passaggi delle gambe; era assolutamente divina e io rimasi completamente sconvolto da quello che vedevo; lei alzò gli incredibili occhi blu ardesia verso di me, appena intravvide la mia presenza e resasi conto delle mie intenzioni e del mio sguardo, si illuminò di una felicità infinita; la sua felicità sessuale comportò una serie di fatti: le si arrossò il viso, i seni si inturgidirono, alzandosi leggermente, insieme ai capezzoli, che raddoppiarono di volume; data la sua natura, a crescere di volume fu anche il suo splendido pene di ermafrodita, ma non fu un semplice raddoppiare; (inizio parte a carattere sessuale)
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Chris mi aveva raccontato di quelle dimensioni, ma un conto sentirselo dire, un conto è vederlo con i propri occhi: su una bambolina di un metro e cinquantacinque, un pene di venticinque centimetri è un'enormità, tant'è che in completa erezione, come era in quel momento, le arrivava quasi all'altezza dei seni; fino a quel momento, un pene in erezione davanti a me, mi avrebbe provocato un certo disagio, comportando la sua appartenenza ad un altro maschio, ma ora non provavo nulla del genere; lo vedevo solo come una parte di una delle più meravigliose ragazze dell'Universo; avevo inoltre notato, che, contrariamente al solito, non era definito, cioè magro, come un pene normale, ma avevo un aspetto più morbido: lo si poteva definire come un pene femminile, così come una ragazza, pure molto in forma e magra, non è e non dovrebbe essere mai troppo definita. Mi avvicinai a lei e la prima cosa che feci fu proprio quella di afferrarle il pene e dolcemente iniziare a masturbarlo; lo sguardo di Monpik era insieme sorpreso ed estasiato, ma iniziò quasi subito a mostrare un orgasmo in arrivo, che infatti si manifestò in gridolini intensi e dolcissimi, uniti ad una abbondantissima eiaculazione; lei mi prese il viso con le sue deliziose manine e baciò con una intensità spettacolare, per poi girarsi di schiena, porgermi la sua vagina e guidarmi una mano nuovamente sul suo pene; iniziammo a fare sesso entrambi: trovai la sua vagina della misura esattamente adatta al mio pene, tanto che completamente infilato, sfioravo l'utero e la larghezza era perfetta, ne troppo stretta ne troppo comoda; dopo aver iniziato a muover il mio pene dentro di lei, ricominciai a masturbare il suo, che adesso trovai scoperto completamente e perfettamente lubrificato dal suo stesso sperma; lei ora emetteva quei suoi deliziosi gridolini in continuazione, avendo stimolati entrambi gli organi sessuali; aveva un orgasmo ogni circa trenta secondi, per ognuno di essi, e nel caso che fossero contemporanei, lei allora urlava molto più forte; dal canto mio ero in estasi: la sua vagina era incredibile, come mi aveva spiegato Chris; iper-lubrificata da un liquido che stimolava il mio piacere e pure il suo e che provocava un mantenimento perpetuo della mia erezione, senza irritazioni e affaticamento; la mia forma fisica faceva il resto; andammo avanti per quasi tre ore, senza significative interruzioni, escluso qualche cambiamento di posizione; una delle più sexy fu con lei che mi stava sopra, muovendo il suo corpo e, quindi la sua vagina, facendosi accarezzare i fantastici seni e masturbandosi da sola il pene; il suo modo di masturbarsi era estremamente intenso: stringeva molto forte il pene e soprattutto il glande, con tutte e due le sue mani ed il movimento era veloce, ma non eccessivamente, e regolare, salvo quando arrivava l'orgasmo; a quel punto, diventava velocissimo e convulso, facendo così spargere tutta l'enorme quantità del suo pseudo sperma dappertutto. La dolce intensità del suo modo di fare sesso, la sua incredibile bellezza e l'amore che provavo per lei resero quell'esperienza assolutamente travolgente, al di là del fatto che in quelle tre ore avessi avuto circa 120 intensissimi orgasmi; anche in questo caso aver provato quelle intensità e quelle quantità fu ben diverso dall'averne sentito parlare da Chris. Alla fine eravamo stanchi entrambi e decidemmo di aggiornare la seduta, così sistemammo il letto e andammo a fare una doccia; tornando in camera trovammo Chris, nuda sopra il letto che si masturbava con due dita; i suoi occhi eccitati ci fissarono, mentre strillava in preda ad un orgasmo; il messaggio era chiaro: voleva che facessimo l'amore con lei, tutti e due; l'accontentammo e con me dentro la sua vagina e Monpik nel secondo canale, reso sensibile come una vagina normale dal liquido stimolante del pene di Monpik, la facemmo venire un sacco di volte; così passò praticamente la giornata; rimase giusto la forza e il tempo per una sostanziosa e nutriente cena e poi ci infilammo tutti a letto, per una dormita epica. Quando mi svegliai, non ero solo, anzi Chris e Monpik stavano facendo sesso vicino a me; stavano su un fianco, una davanti all'altra ma leggermente inclinate, per poter stare più vicine, cosa altrimenti più complicata per via della perfetta corrispondenza dei loro seni, che le avrebbe tenute leggermente a distanza; le guardai baciarsi dolcemente, mentre l'enorme pene di Monpik si muoveva lentamente e profondamente nella vagina di Chris; erano leggermente sudate, salvo tra le gambe, dove erano allagate letteralmente e gemevano dolcemente; non si erano accorte che le stavo osservando, così le lasciai fare per un quarto d'ora buono, assistendo a molti orgasmi di entrambe e tutti e tre i genitali; alla fine, però, non resistei più e misi una mano a contatto del clitoride di Monpik, dato che la sua vagina era occupata da due dita di Chris; tutte e due si accorsero di me e, improvvisamente, interruppero il loro rapporto, per mettersi in una posizione che mi permettesse di partecipare: Monpik in mezzo, con il suo pene dentro la vagina di Chris e con il mio dentro la sua; i movimenti furono necessariamente più condizionati, io dovevo spingere mentre lei tornava verso di me tirandosi indietro da Chris e viceversa, ma fu favoloso lo stesso; ero immerso in una continua meravigliosa cosa a tre con le più straordinarie donne dell'Universo. Dopo circa due ore, venimmo interrotti da Dersyul, che reclamò un po' di sesso anche lui; ci fu l'occasione per Chris di fare la sua conoscenza sessuale; li guardai fare l'amore per ore, senza provare la minima gelosia; Chris, mentre veniva penetrata da un pene ancora più grande di quello di Monpik, strillando intensamente, masturbava la piccola vagina di Dersyul, con una certa intensità, provocando enormi spruzzi di sperma vaginale; nella stessa maniera, Monpik eiaculava tantissimo, urlando in continuazione; ci fu una pausa per il pranzo, ma poi tutto ricominciò di nuovo, salvo che io feci sesso con Chris e Dersyul con Monpik; fu bello tornare con Chris e vederla così immensamente felice e serena; toccavo tutto il suo incredibile corpo, mentre il mio pene seguitava a muoversi dentro di lei; mi resi conto che anche Chris eiaculava moltissimo e veniva ogni trenta secondi, come se stessimo facendo sesso con Monpik; le cose erano due: o avevamo subito una modifica genetica da parte di Monpik, oppure eravamo ancora ben lubrificati dal suo liquido iper-attivo e ne subivamo le fantastiche caratteristiche; in ogni caso andava bene così.
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4In quel momento mi resi conto che la mia futura vita con quelle persone sarebbe stata incredibilmente felice: c'erano due bambini in programma e volevo proprio incontrare e conoscere i figli di Monpik e Dersyul; c'era un ma, ovviamente, ed era rappresentato da Zertwat; dovevamo concludere la nostra missione di recupero dell'iper-materia e completare la distruzione di quel mostro. Se possibile...
l'incidente ci aveva rallentato, ma alla fine eravamo in vista del pianeta che ospitava la stazione di ricerca esterna degli Atlantidei, ma riuscire ad atterrare non sarebbe stata una cosa da poco; le sue particolari condizioni richiedevano una procedura di avvicinamento e atterraggio molto partico­lare e la Krizs non era esattamente nelle sue condizioni mi­gliori. I sistemi di sicurezza era stati riparati, ma aveva mostrato tutta la loro fragilità (sicuramente dovuta alla loro anzianità di servizio) ed eravamo poco convinti della possi­bilità di poterli lasciare agire autonomamente; la prima ipote­si fu quella di effettuare la procedura di atterraggio in maniera manuale, ma le reazioni umane (o atlantidee se è per questo), forse non sarebbero state sufficienti in caso di qualche problema, quindi, non potendo perdere tempo ricostruendo completamente gli apparati di sicurezza, venimmo al compromesso di ricostruire solo il sensore di gravità, tarandolo in maniera estremamente sensibile e “tenendo il dito sul grilletto” (sul sistema di disattivazione che già ci aveva salvato durante l'incontro con il mega buco-nero, che attivava anche i motori nella direzione migliore di allontanamento) in caso di problemi, sperando di poter raccontare quanto eravamo stati fortunati.
Fu un atterraggio molto movimentato, ma per quanto venimmo un pochino sbattuti dai sistemi di controllo, che reagivano in maniera abbastanza brusca a quel tira e molla gravitazionale, non fu neanche lontanamente simile a quello che era successo pochi giorni prima; alla fine fu quasi diver­tente come andare sulle montagne russe, ma senza sapere mai da quale parte saremmo stati buttati; quando alla fine ci ritrovammo fermi sulla superficie di quell'estremo pianeta, la calma e l'immobilità sembrarono veramente una benedizio­ne. Infilammo le tute di sopravvivenza, dato che non c'era una manichetta di collegamento dal laboratorio e una qual­siasi astronave e ci incamminammo verso uno dei portelli di accesso; il paesaggio era veramente straordinario: guardare il “cielo” era una sicura ricetta per il mal di mare, ma era co­munque veramente interessante vedere le stelle esterne creare delle scie luminose multicolore, che oltre tutto (a cau­sa delle enormi forze gravitazionali presenti nelle immediate vicinanze) non seguivano un andamento circolare regolare, ma deviavano bruscamente verso la binaria buco nero – stella di neutroni, con una traiettoria davvero estrema; pur stando con i piedi appoggiati ad un pianeta di massa circa equivalente alla Terra, la velocità di rivoluzione intorno al centro di massa rappresentato dal buco nero era elevatissima e questo provocava delle accelerazioni e delle decelerazioni molto brusche, a secondo che ci si trovasse da un lato o dall'altro del pianeta; per fortuna si trattò di fare pochi passi e poi fummo dentro il laboratorio; lì dentro tutto era perfettamente stabile, grazie a generatori gravitazionali controllati da un sofisticato sistema automatico, che normalizzava il campo gravitazionale; mi sedetti sulla prima sedia libera che trovai ed emettei un bel sospiro di sollievo, perché io sono senz'altro un uomo d'azione, ma preferisco avere un minimo controllo su quello che avviene e le ultime ore, tra manovre di atterraggio e passeggiate, ero stato in balia di forze incontrollabili; a confronto tenere a bada un auto da 500 cv a 300 km orari era un giochino rilassante.
Mi stavo giusto rilassando, che Dersyul mi tirò per un gomito, obbligandomi a rimettermi in piedi: ora che tutto sta­va fermo al suo posto, avevamo un lavoro da fare; venni gui­dato subito verso il laboratorio che conteneva la materia dell'altro continuum spaziale; non capivo, nonostante tutto, la necessità di tutta quella fretta: --hei, potremmo anche ri­lassarci un attimo...-- ma Dersyul era di tutt'altro avviso: --possiamo rimanere sulla superficie un'ora, massimo un'ora e mezza, perché i sistemi di schermatura anti radiazioni non sono attivi e attivarli comporterebbe ore di lavoro; tanto vale prendere quello che ci serve ed andarcene; poi potremo an­che rilassarci, una volta che avremo impostato la rotta di rientro--; ok, le radiazioni, non ci avevo pensato; affrettai il passo. Il laboratorio era vicino e tempo un minuto stavano davanti alla porta di accesso; dopo due minuti di una com­plicatissima procedura di accesso, che passò dal riconosci­mento dell'iride, della retina (si, si, avete capito bene: entrambi), delle impronte digitali di tutte e due le mani, del prelievo e controllo di una goccia di sangue, per il DNA, finalmente la porta di aprì; dopo aver assistito, un po' spazientito, a tutta quella manfrina, non riuscii a trattenere una nota polemica: --pensavate che Zertwat avrebbe provato ad indovinare il PIN, mettendo solo un tastierino numerico per l'accesso?-- Dersyul si paralizzò, guardandomi esterrefatto alcuni istanti, poi ammise: --dici che è un tantino esagerata la procedura di accesso?-- ci andai leggero, ammiccando solo con la testa e le labbra tirate in una smorfietta sardonica: --hm...-- ma stavo sghignazzando e anche Dersyul non riuscì a trattenersi: --si, certo, solo un pochino...--; venimmo raggiunti dalle ragazze che ci trovarono a ridere come scemi, ma troncammo le spiegazioni a più tardi.
Finalmente entrammo nel caveau di contenimento della altro-materia; avevo creduto di vedere non so' quali strane luci o schermature, ma in realtà, il cubo rosso, dai lati smussati, di circa 2,5 cm di lato, era semplicemente appog­giato sopra un parallelepipedo che lo teneva a circa un me­tro da terra, a portata di mano; d'altronde mi era perfettamente noto che in questo continuum quella materia era perfettamente inerte, non emetteva e non assorbiva ra­diazioni, quindi veniva tenuta in quel posto esclusivamente per tenerla quanto più possibile fuori dalle grinfie di Zertwat; mi avvicinai con curiosità e circospezione ma appena fui dentro la stanza mi resi conto di sentirmi stranamente attrat­to dal cubo rosso; mi fermai esitante, pensando di stare su­bendo qualche effetto residuo della folle gravità di quel posto, ma dato che eravamo perfettamente schermati, decisi di fare un altro passo; capii che la strana sensazione che provavo era dovuta alla sempre maggiore vicinanza al cubo; chiusi la distanza che ancora mi separava da quello strano tesoro, troppo curioso di scoprire i suoi segreti e, senza la minima esitazione, impulsivamente ed imprudentemente, lo toccai con una mano: fu come tornare a respirare dopo essere stato costretto a trattenere il respiro sotto l'acqua più nera ed asfissiante, riaprendo gli occhi e tornando lucido dopo il terrore di non riuscire a sopravvivere; quando avevo toccato Zertwat, avevo sentito una scarica di potere incredibile; ora quella sensazione era infinitamente maggiore, perché la quantità di materia con cui venivo in contatto era enormemente superiore; mi sentivo in grado di fare qualsiasi cosa e forse ne ero veramente capace; le mie percezione dell'ambiente che mi circondava era infinitamente amplificate: vedevo, più che percepirne gli effetti, la gravità, le sue linee di forza e la lotta che il campo del buco nero e la gravità controllata, generata dai sistemi del laboratorio, facevano per la supremazia sulla materia che mi circondava; quelle strane linee erano attraenti e spaventose insieme, ma ebbi l'istinto di toccarle; nel laboratorio si creò immediatamente una voragine dimensionale, un passaggio verso l'iperspazio (lo sapevo per certo); questo fu il primo indizio che battere Zertwat sarebbe stato possibile, perché quello era sicuramente il suo stesso metodo di apertura dei wormhole e quasi sicuramente vedere le linee di curvatura delle forze gravitazionali, avrebbe permesso anche di navigarci dentro; mancava di capire come fare a muoversi all'interno di quello spazio anomalo e come scegliere da dove uscirne. Ero completamente preso da quell'affascinante quesito, che venni bruscamente riportato alla mia dimensione “umana” dalla mano di Chris sulla mia spalla; mi stava difronte, con aria preoccupata: --tutto bene?-- ero raggiante: --si, prendiamo questa roba e andiamo via, che ci sono importanti novità e anche un interessante esperimento da fare--; non aggiunsi altro e nuovamente afferrato il cubo di altro-materia, venni seguito rapidamente da tutti per rientrare nella Krizs.
La partenza fu decisamente più rapida e dopo nean­che 15 minuti dalla nostra entrata nel caveau di contenimento, eravamo a distanza di sicurezza da quel maelstrom di gravità e radiazioni; con l'occasione della rapi­da visita al laboratorio, Dersyul si era procurato anche il necessario per riparare in maniera definitiva le apparecchia­ture della Krizs e varie altre cosette utili, come rilevatori, armi e materie prime. La programmazione dell'auto-bot di manutenzione richiese non più di trenta minuti e poi potem­mo, dopo aver assistito stupefatto per alcuni minuti quel sofisticatissimo macchinario muoversi con la massima agili­tà ed abilità all'interno dei comparti dei dispositivi da riparare e rigenerare, riunirci nella stiva di carico 1, la più grande, per capire le qualità e le potenzialità della materia rossa, come era stata ribattezzata; fu la dolce Monpik a fare la domanda che tutti si erano già fatti dentro il laboratorio: --abbiamo vi­sto un “buco nero” aprirsi in mezzo all'aria, e subito l'aria ha cominciato a precipitarsi verso di esso, come se si fosse aperta una camera di compensazione della Krizs, verso il vuoto dello spazio; iperspazio?--; si era anche data una pro­babile risposta e per quello che ne avevo potuto capire, aveva perfettamente ragione, così le spiegai e così a tutti gli altri, quello che avevo visto e percepito: --appena ho toccato il cubo di materia rossa, ho iniziato a sentire le linee di forza gravitazionali e, soprattutto, a vederle, a vedere il loro fluire e mi stavo concentrando su di un nodo che si era creato dall'interferenza di alcune di esse, che si è aperto un pas­saggio nella dimensione B; credo che il passaggio volontario da questa dimensione a quell'altra avvenga grazie alla capa­cità di vedere dove si trovano i nodi e poi sfruttare l'energia della altro-materia per aprire un varco...-- mentre dicevo queste cose, tenevo il cubo in mano e, proprio replicando con la mia volontà quello che dicevo, si aprii una voragine di 5 metri al centro della stiva, che avevamo provveduto a svuotare di ogni genere di materiali e di aria; noi eravamo legati con dei cavi di sicurezza ad appositi anelli inseriti in alcune traversine di rinforzo e indossavamo delle tute ambientali, che ci proteggevano da radiazioni, sbalzi eccessivi di temperatura, luce estrema; fino a quel punto tutto si stava ripetendo uguale a come era avvenuto nel caveau del laboratorio; ora si trattava di capire il metodo di propulsione: --mi avvicino...-- allentai il cavo, per arrivare al confine della voragine e, una volta che fui sufficientemente vicino, allungai una mano; Chris era decisamente preoccupata: --Paolo, no, non mi sembra il caso...--; mi girai a guardarla e, nel farlo incrociai gli occhi di Monpik: era assolutamente terrorizzata; cercai di sdrammatizzare: --infilerò la sinistra, così se va storto qualcosa, mi rimane la magica destra!--; le guardai entrambe, con aria buffonesca; entrambe capirono che scherzavo, avendo perfettamente capito che mi riferivo al mio modo di toccarle quando facevamo l'amore, usando proprio la mano destra; la loro preoccupazione si affievolì un poco, ma l'aspetto contratto del loro corpo, la diceva lunga su quanto le avessi effettivamente rassicurate; mi rivolsi allora a Dersyul: --se vedi che ci sono problemi, tirami fuori, anche con il verricello--; essendo quello che doveva effettuare l'esperimento, ero anche l'unico collegato, tramite il cavo, ad un potentissimo verricello. Ricevuto l'assenso da parte di Dersyul, mi girai nuovamente verso il passaggio e allungai la mano sinistra, attraversando il confine tra le due regioni sub-spaziali; inizialmente venni attirato con grande forza verso lo spazio B, ma puntai i piedi, riuscendo a contrastare agevolmente la forza che mi attirava verso l'interno; rassicurai i miei spettatori: --tutto bene, lo posso contrastare-- dando per scontato che capissero di cosa stessi parlando; in realtà mi ero reso conto che l'opposizione che avevo apposto, non era stata solo fisica, ma anche mentale, di volontà; tirai indietro la mano sinistra e procedetti con un nuovo genere di esperimento che avevo ideato: agendo sul telecomando che Dersyul mi aveva fornito, sbloccai completamente il cavo, così che fosse libero e desiderai muovermi verso il centro dell'apertura, con una ben precisa traiettoria: mi misi letteralmente a volare dentro lo spazio B, prima a destra, poi a sinistra; il cavo si tese bruscamente e venni riportato nella stiva di carico 1, dritto tra le braccia di una sconvolta Chris, che appena mi ebbe al sicuro a contatto con il suo corpo, iniziò a piangere; tornammo in una condizione normale, quindi con atmosfera e senza apertura verso lo spazio-B; mi ero reso conto che avrei dovuto dare un certo preavviso e una traccia del mio piano sperimentale: --scusami amore, ma era tutto sotto controllo; posso muovermi a mio piacimento nello spazio B...-- uno schiaffo acutissimo mi azzittì sul colpo; rimasi paralizzato alcuni istanti, osservando in perfetto silenzio, mentre la mia guancia sinistra pulsava infiammata, il viso di Chris passare da una rabbia omicida, ad una espressione di pentimento e nuovamente ad una di grande spavento; lei tornò a stringersi a me e mezza soffocata dal mio corpo, potei comunque udire la sua voce: --giuro, anzi prometto che, se rifai una cosa del genere senza spiegarmelo prima, ti ammazzo tre volte!--; potei vedere distintamente i nostri amici/amori/amanti sorprendersi delle parole di Chris; ritenendo di dover dare delle spiegazioni: --mi ammazza, mi resuscita, mi ammazza di nuovo, mi resuscita ancora una volta, mi fa fuori per una terza volta; poi decide se merito di essere definitivamente rimesso al mondo...--; Monpik era esterrefatta, ma con un sorrisetto buffo disegnato sulle labbra, Dersyul muovendo leggermente la testa a destra e a sinistra, aveva l'espressione di chi pensa: “ma tu senti che cazzata...” ormai anche lui rassegnato al nostro strano senso dell'umorismo che, peraltro, veniva fuori in qualunque situazione; in genere Chris non reagiva in quel modo, ma gli ormoni della maternità (dovevo chiedere a Monpick di calare ancora un filino il livello dell'intensità delle reazioni di Chris), uniti a tutti i rischi che in quel simpatico periodo stavamo tutti correndo, l'avevano resa troppo sensibile; ma come ho già detto, io sono un orsacchiotto indistruttibile... Per il momento mettemmo fine agli esperimenti, avendo almeno dimostrato che potevo avere un controllo conscio sugli spostamenti nello spazio B e nella creazione di un'apertura di una passaggio per lo stesso; era stata un'altra giornata “interessante”, come mi piaceva a volte definire le giornate piene di sorprese (belle e brutte). Presi per mano un'ancora tremante Chris e senza frapporre altre attese, seguii gli altri verso la sala mensa; in effetti avevo fame e anche bisogno di riposo e calma.
Avevamo davanti a noi parecchio tempo, dovuto al viaggio di ritorno, durante il quale avremmo potuto e dovuto studiare i miei “super-poteri” ed ideare di conseguenza un piano per affrontare Zertwat, che nel frattempo si sarebbe sicuramente rimesso dal nostro precedente incontro; in linea di principio, se solo toccando il suo corno, avevo potuto qua­si ucciderlo, stare a contatto con tutta la materia rossa, mi avrebbe dato un vantaggio immenso, ma c'era il rischio che anche lui, più compatibile di me a quella materia, originaria del suo universo, avrebbe potuto trarne vantaggio, per il semplice fatto di esserne vicino; quindi la prima cosa da considerare era che in nessun caso ed per nessun motivo, Zertwat doveva venire a sapere che possedevamo la materia rossa e, soprattutto, non doveva metterci sopra i suoi artigli; il nostro sospetto era che sarebbe potuto diventare quasi onnipotente; calcoli che già Dersyul, prima di mettersi in iper-sonno con Monpik, milioni di anni prima, aveva fatto, corroborati ora dai dati di assorbimento della potenza che fluiva attraverso di me, davano livelli simili ad una iper-nova, vale a dire ad una supernova nata dall'esplosione di una stella iper-massiccia (oltre le 1.000 masse solari); poche altre cose in natura emettono più energia in così breve tempo; uno, in ordine di grandezza crescente, era un GammaRayBurst, l'altro era il Big-Bang... Tutti questi “iper” e tutti i vari suffissi particolari che continuavamo a mettere davanti ad un sacco di parole, non avendo migliori alternative semantiche, date le scale di valori in campo, cominciavano a darmi fastidio; non era tanto il fatto che non mi piacesse la parola in se stessa, ma il fatto che ogni volta che la sentivo pronunciare, mi rendevo conto della situazione e del fatto che io ero un semplice essere umano, per quanto risultato di una manipolazione genetica tendente ad ottenere proprio quei miei poteri, ed in quanto tale la mia esperienza di potere e forza non andava aldilà del spostare oggetti pesanti, avere capacità di controllo su cose, situazione o, al limite, persone, ad un livello infinitamente inferiore a quello che dovevo affrontare nel combattere Zertwat; sapere che ora avevo dei poteri così grandi, non mi dava quella sicurezza necessaria a sentirmi pronto alla lotta che mi attendeva, perché era una nozione del tutto razionale e non “viscerale”; quando un essere umano, ed in questo caso un uomo come me, svolge una attività fisica, uno sport, un lavoro o fa l'amore con una donna, si sente vivo e forte, perché è istintivamente conscio della sua forza, la vive, ne è compenetrato; quei poteri che mi derivavano dalla possibilità di controllare la materia rossa, erano del tutto estranei alla mia natura umana, perché Monpik non aveva potuto inserire l'istintiva naturalezza della loro esistenza e del loro uso nel mio codice genetico; la tecnologia e le conoscenze scientifiche del suo popolo, per quanto avanzatissime, non avevano assolutamente capito come le molteplici combinazioni genetiche potessero generare quegli istinti e quelle intime sensazioni che ci fanno gioire della vita, nel momento che usufruiamo della nostre innate capacità fisiche e quindi non aveva potuto darmi ciò che mi sarebbe servito di più: il diretto controllo delle forze della natura che avrei dovuto usare nella loro più estrema manifestazione e potenza, per riuscire ad abbattere la più grande minaccia che il nostro Universo aveva mai dovuto affrontare. Purtroppo si profilava la situazione di dover sperimentare sul campo; potevo sicuramente fare una grande pratica dei miei poteri, ma sarebbe servito molto più tempo; ero nella situazione di chi acquisisce l'uso di una mano, mai avuta o mai stata funzionante: può usarla, ma deve accortamente calibrare i movimenti e le azioni seguendo con gli occhi ciò che fa, perché non “sa” fare le cose con il normale automatismo di chi ha sviluppato le necessarie connessioni neuronali in una vita di pratica.
Quella notte fu agitatissima e praticamente non riu­scii a dormire quasi niente; le preoccupazioni che andavano accumulandosi, per l'uso della altro-materia, sulla riuscita del piano volto a distruggere Zertwat, da cui dipendeva la sopravvivenza delle due razze senzienti della Terra e di tutto ciò che su di essa viveva ed era presente (perché non dubi­tavo che, la Terra, sarebbe stata del tutto annientata, per semplice furia devastatrice, se non fossi riuscito nel mio intento), mi stava dando il tormento. Quasi inconsciamente, mi ritrovai a pensare a quanto mi sarebbe servito un consiglio da Wiklot, il drago bianco, che istantaneamente venni catapultato nel suo universo; mi ero dimenticato che lui stesso mi aveva detto che il possesso della materia rossa mi poteva consentire una volontaria comunicazione con l'universo parallelo dei draghi; stavo appunto giocherellando con il cubetto, quasi a cercarvi scritta sopra una qualche istruzione per l'uso, che mi trovai davanti un Wiklot con una malcelata espressione di sollievo: --amico mio! Cominciavo a perdere la speranza di rivederti vivo! Ma ora capisco che hai avuto successo; molto bene...-- lo interruppi, sconsolato: --non direi, non so come usare i poteri della materia rossa contro Zertwat--; le sue parole furono molto incoraggianti: --certo l'esperienza di Zertwat è lunga molti milioni di anni, ma il tuo codice genetico è stato manipolato proprio per integrare la materia rossa con il tuo sistema neuronale; una volta che l'avrai assorbita nel tuo cervello, sarà parte integrante di te e potrai farne l'uso che meglio vorrai; potrai usare le tue azioni e reazioni istintive, senza pensare alla materia rossa; un tuo pugno, per attaccare; una mano aperta, per difendere; pensare di camminare o correre per muoverti nel tuo spazio e nello spazio B; tutto con la massima naturalezza, credimi; è così che Zertwat ha imparato ad usare i suoi poteri, con la differenza che ha dovuto imparare con l'esperienza; io posso guidarti nell'apprendimento, come feci con lui, ma molto più rapidamente--; finalmente un po' di buone notizie, anche se era emerso un fatto che ignoravo: --credevo che Zertwat si fosse ribellato immediatamente a voi, nel momento che era rimasto intrappolato nel nostro universo...--; la risposta sconsolata di Wiklot chiarì quel fatto: --nella nostra struttura sociale solo i più forti hanno diritto ad un harem e alla riproduzione, e lui fisicamente non è certo tra i favoriti, ma nel momento che ha acquisito i poteri della materia rossa è diventato tra i più potenti draghi mai esistiti, forse il più potente in assoluto, anche se isolato in un altro universo; questo ha attivato l'obbligo, da parte mia, di dargli assistenza ed una istruzione di livello superiore, che altrimenti non gli sarebbe spettata; quando ha capito che, in ogni caso, non avrebbe potuto fare parte della nostra società, impossibilitato a tornare in questo universo, semplicemente, ci ha maledetti e se ne è andato, minacciando di distruggerci tutti, se solo avesse, un giorno, potuto fare ritorno--; ebbi un'altra domanda da fare: --potrebbe?-- Wiklot ci pensò su, dubbioso: --forse acquisendo la tua materia rossa, potrebbe aprire un portale tra i due universi, ma nel momento che l'avrai assorbita nel tuo corpo, non potrà più ottenerla--; la domanda da un miliardo: --come faccio ad assorbirla ed integrarla?--; laconicamente: --non sarà facile...--; mi sarei stupito del contrario, ma non avevo alternative, quindi ero pronto a tutto. Per non perdere tempo, iniziammo subito il corso, in due parti (teoria e pratica) su “come diventare un semi-dio inter-dimensionale” e per maggiore sicurezza, saremmo usciti nello spazio esterno alla Krizs, non prima di aver creato una bolla spaziale che mi consentisse di sopravvivere al vuoto e, in particolare, alle condizioni del viaggio a velocità maggiori della luce che la stessa Krizs stava effettuando per riportarci sulla Terra. La prima lezione della sezione “teoria”, fu appunto quella sulle (Cap. 1, par. 1): ”Possibilità di manipolazione della materia e dell'energia” e (Cap. 1, par. 2): “Manipolazione della struttura dello spazio, ovvero del continuum spaziale”; Wiklot aveva appunto finito di spiegarmi che in realtà la materia rossa era un agglomerato stabilizzato di stringhe5, immerse in una reticolo di gravitoni che impediva loro di disperdersi o annullarsi venendo in contatto con la materia “normale”, mettendomi nella condizione di chiedergli come le stringhe potevano aiutarmi, che venni beccato a parlare al vento da Chris, che sul momento non si rese conto di ciò che stava avvenendo: --Paolo, tutto bene?-- non risposi subito, distratto dall'ambientazione virtuale del mondo di Wiklot, che mi faceva sentire solo fiocamente la voce di Chris che mi parlava, che con il suo solito spirito pratico, mi appoggiò le mani sulle spalle per poi iniziare a scuotermi bruscamente; mi concentrai più attivamente sulle percezioni sensoriali del mio universo di nascita, mettendo a fuoco Chris e tutto l'ambiente che ci circondava fisicamente: --tranquilla, sto' parlando con il drago bianco, per imparare ad usare i poteri della materia rossa...-- Wiklot intervenne: --puoi farmi comunicare con lei se la prendi per mano e fai fluire ciò che vedi e senti del mio mondo attraverso di te, verso di lei!--; ancora una volta senza avvisarla, feci ciò che mi aveva suggerito il nostro nuovo amico e mio maestro, con il risultato di far trasalire, ma solo per la sorpresa, la mia Chris; fu Wiklot a rompere il ghiaccio: --piacere di conoscerti Chris; so quasi tutto di te, dalla mente di Paolo, ma incontrarti è un onore e un vero piacere--; Chris lo guardò per alcuni istanti, devo dire con malcelata ammirazione, per poi sorridere in maniera apparentemente amichevole: --non posso che essere onorata di tanta gentilezza... bé sai, dopo le malefatte di quel fetentone di Zertwat...-- chiusi gli occhi e trassi un sospiro, con rassegnazione e pazienza, perché conosco Chris e avrei dovuto immaginare una sua simile osservazione, ma non ci furono problemi, infatti dapprima Wiklot la guardò serio e poi... si mise a ridere, ma intendo come avrei fatto io davanti ad una bambina che genuinamente avesse detto solo quello che tutti pensavano ma nessuno aveva il coraggio di dire con diretta franchezza: --lo so', un vero monellaccio, quel Zertwat; dobbiamo proprio dagli una bella sculacciata ed insegnarli a vivere...-- anche Chris rise di gusto, ammaliata da quel bellissimo, infinitamente saggio e simpatico drago bianco; eravamo stati raggiunti anche da Monpik e Dersyul, che capito al volo cosa succedeva, si erano messi anche loro in comunicazione con l'altro universo, mettendomi lei una mano dentro la mia e lui prendendo la mano di Chris; Monpik era emozionatissima, perché finalmente poteva conoscere il buon drago bianco; feci le presentazioni e Wiklot, di buon grado, fece fare a tutti, me compreso un giro panoramico del suo pianeta e del suo universo; in fondo escludendo i colori particolari e le forme originali degli animali, le differenze non erano enormi, e con un minimo di sforzo era tutto perfettamente comprensibile; c'erano predatori e prede, animali volanti e striscianti; i pianeti giravano intorno alle stelle, che erano raggruppate in galassie; insomma tutto il repertorio noto, almeno apparentemente, dato che senza una comparazione più approfondita non era possibile capire eventuali “alienità” assolute; una triste considerazione mi sorse spontanea: se tra i due universi vi fossero state maggiori differenze, forse Zertwat avrebbe mantenuto un profilo più basso, intimorito da cose troppo aliene e potenzialmente pericolose; aveva invece incontrato razze con culture stratificate e il suo istinto al predominio lo aveva messo subito in competizione per il potere; avesse incontrato alieni composti di pura energia o simili a rocce o chissà cos'altro, li avrebbe quasi sicuramente ignorati... ma piangere sul latte versato non ha mai risolto nulla. Passammo una giornata a conoscerci meglio (del mio universo, poche decine di minuti di quello dei draghi), ma alla fine il saggio maestro mi esortò a riprendere gli studi; mi misi all'opera con alacrità, ma non sapevo cosa mi attendeva, altrimenti un minimo di titubanza in più l'avrei avuta. 
 
1 Di cui uno dei due era suo figlio...
2 Riferimenti motor-automobilistici e cinematografici (il film era un remake di “sfida all'OK Corral”, “Wiatt Hearp”, con Kevin Costner nella parte di Wiatt Hearp, del 1994), con chi ha una cultura dl tutto aliena alla propria erano solo uno scherzo, ma le metafore era calzanti, come poi avrebbero capito i miei amici.
3 La Radiazione di Hawking è la dimostrazione che la fisica quantistica è una realtà del funzionamento dell'Universo; si era sempre ritenuto che da un buco nero non potesse sfuggire nulla, dato che neanche la luce ne era in grado, ma l'evidente radiazione mette­va in discussione questo assioma; Steven Hawking mise in relazione la teorica creazione di particelle virtuali, conseguenza di alcune leggi quantistiche, con le caratte­ristiche di un buco nero, soprattutto al confine dell'orizzonte degli eventi, limite di non ritorno; la teoria quantistica, tra le altre straordinarie cose che postula, dice che il vuoto assoluto, comunemente inteso come assenza di qualunque cosa, non esiste, ma che anzi è un continuo ribollire di coppie di particelle virtuali (materia – anti-materia) che si creano e si distruggono, con risultante media uguale a zero; quando però la creazione delle particelle virtuali avviene esattamente a cavallo dell'orizzonte degli eventi la parte al di dentro verrà risucchiata verso la singolarità quantistica, l'altra parte potrebbe riusci­re a sfuggire; se la parte che riesce a sfuggire è materia e non anti-materia (che si annichilisce a contatto con la materia) in definitiva fa aumentare la materia presente nell'Universo, sottraendola al buco nero, che vedrà calare la sua massa, seppur lenta­mente; in un futuro molto remoto, quando saranno rimasti solo buchi neri, che avranno risucchiato tutta la materia dell'Universo, questo fenomeno di evaporazione li farà scom­parire, lasciando solo il vuoto quantistico a testimoniare la passata esistenza di un universo... se l'Universo dovesse seguitare ad espandersi (come pare stia facendo), in­vece che, magari, ricontrarsi e generare un un nuovo Universo; ma questo è un altro discorso.
4Fine parte a carattere sessuale.
5 Le stringhe sono dei filamenti o anelli vibranti; secondo la teoria quantistica sono la base della materia e non costituite da niente altro che energia; le diverse frequenze di vibrazione che le contraddistinguono identificano le diverse particelle elementari che ne sono la manifestazione materiale; dalle stringhe ai quark (che costituiscono, a gruppi di tre, in diversa combinazione, protoni e neutroni), che insieme ad altre particelle elemen­tari (cioè non costituite da altre particelle: elettroni, particella tau e muone e dai corrispondenti neutrini) e ai bosoni (cioè tutte le particelle che veicolano le forze che le­gano le particelle materiali: fotone per l'elettromagnetismo, come la luce e l'elettricità, i due bosoni W [+ e -] e lo Z, per la forza debole, e il gluone per la forza forte, che tiene insieme i quark; il bosone di Higgs, il cui campo attribuisce massa alla materia e il gravi­tone, bosone che veicola la gravità) compongono tutto ciò che ci circonda, regolato dalle interazioni e dalle leggi fisiche. Ma evitiamo un trattato di fisica delle particelle fuori contesto.

ADE - QUINTA PARTE


Durante tutto il tempo di avvicinamento al nostro obiettivo non ci fu praticamente niente da fare; la Kryzs po­teva volare del tutto autonomamente, grazie ad un sistema di intelligenza artificiale molto avanzato, che seppure non in grado di dialogare in maniera compiuta con una persona (non era fatta per quelle cose, perché la sua “intelligenza” si rivolgeva solo alle questione tecniche), poteva gestire ogni singolo sistema interno, emergenze comprese; tutto stava nel dare dei parametri precisi di comportamento, entro i quali tenersi ed il resto avveniva senza che nessun operatore atlantideo dovesse minimamente scomodarsi; tanto per fare un esempio, era stata indicata una rotta, in base a delle coordinate che facevano capo ad un sistema di riferimento universale; la Kryzs1 di conseguenza teneva la direzione più diretta, evitando pianeti, stelle, asteroidi, perturbazioni gravitazionali; la rotta non era assolutamente una linea retta ma di sicuro era la più veloce possibile; di meglio era possibile fare solo con il metodo di trasferimento che usava Rudy2, che però era possibile solo per brevi distanze, dove per brevi si intendeva entro l'anno luce; il problema era che non era possibile mantenere una rotta di viaggio precisa e l'imprecisione cresceva con l'aumentare della distanza percorsa nel sub-spazio e superato l'anno luce diventava esponenzialmente più grande; riemergere dopo un trasferimento di poco più di un anno luce poteva significare trovarsi ovunque tranne dove si voleva andare, perfino dalla parte opposta dell'Universo; il sub-spazio non è uno spazio lineare in cui delle coordinate spaziali definiscono con precisione le relazioni di posizione relative di ogni singolo punto; dove sembra che il movimento sia lineare e lo spostamento regolare, in realtà non lo è mai, dato che distanza e direzione cambiano costantemente a causa della natura caotica e non lineare del sub-spazio (avere l'illusione di andare dritto avendo, in realtà fatto un “fiocco” e percorso una frazione infinitesima di centimetro o anche un miliardo di anni luce, dove si pensava di aver percorso un metro) e fino a che non si riuscirà a capire come “vedere” queste aberrazioni della trama del sub-spazio, non sarà possibile viaggiare lontano con questo sistema; comunque il metodo di spostamento che la Krizs attuava era efficace e veloce e l'attraversamento della galassia era una cosa che richiedeva pochi giorni. In definitiva, ci comportammo come se fossimo in vacanza, dividendo il tempo tra l'osservazione dello spazio, con le sue infinite bellezze e le sue incredibili caratteristiche e la conoscenza tra di noi; non ci siano fraintendimenti: non tutto questo conoscersi si riferisce al sesso, che comunque fu tantissimo (bé, sapete, i primi tempi che nasce una relazione, l'attrazione è enorme), ma una parte rilevante si compose di chiacchiere, di collaborazione nel fare alcune piccole attività di gestione e manutenzione che Dersyul e Monpik si erano riservati, al di fuori del controllo della Krizs, e nella semplice compagnia che ci davamo l'uno all'altro; una cosa che accomuna atlantidei e umani è la necessità ed il piacere di stare insieme ad altri esseri simili e non (vedi i classici animali domestici) e i sentimenti che si stavano sviluppando fra di noi aumentavano il desiderio di stare insieme.
L'abbraccio tra me e Monpik si sciolse e lei, dandosi uno sguardo lungo il corpo, tornò a guardarmi, spalancò le sue braccia e mi chiese: --come sto' con le tue cose?-- in ef­fetti mi sembrava già di avere familiarità con quegli indu­menti, ma solo ora mi rendevo conto del motivo; provai uno moto di fortissima attrazione e tenerezza per lei: --sei favolo­sa, una vera meraviglia!-- anche se doveva essere ovvio che pensassi una cosa del genere, da come l'avevo guardata, dirlo esplicitamente ottenne il risultato di scatenare un'emo­zione incredibile in Monpik, che divenne rossa in viso e rise piena di gioia; anche in questo eravamo molto simili, intendo dire noi donne umane e atlantidee: ci piace sentirci dire che siamo belle o quantomeno apprezzate, i sottintesi ci lascia­no sempre un po' perplesse e insoddisfatte; Paolo in questo era sempre stato anormale rispetto alla maggior parte degli altri uomini; non era passato giorno (bé, non proprio, ma lo ha sempre fatto spesso) che in un modo o in un altro non mi dicesse quanto era attratto da me, quanto gli piacessi, quan­to ero bella; ad un certo punto avevo pensato che avesse letto “il manuale del Perfetto Amante” per poi scoprire che in realtà aveva piacere nel dirmi quelle cose e nel vedere la mia reazione; la cosa si rispecchiava nelle nostre attività sessuali, tanto che anche quando le sue capacità fisiche ve­nivano meno, molto spesso proseguiva nel darmi piacere sia con le sue dita che con la sua bocca. Questa volta fui io a prendere per mano Monpik (mi stavo abituando alla mia relazione con lei) e andammo verso la tavola, dove Dersyul aveva preso il posto di Monpik nel dividere le porzioni; ades­so era tutto pronto e ci mettemmo seduti; Monpik era vicino a me, a sinistra, a destra avevo Dersyul e difronte Paolo; ap­pena fummo tutti seduti Dersyul mi prese la mano e non ap­pena mi girai verso di lui, mi sorrise dolcemente: --devo ringraziarti infinitamente: finalmente, dopo così tanto tempo, vedo nuovamente felice Monpik-- la guardò con illimitato amore –le infinite tragedie che hanno colpito la nostra gente e la scelta che è stata fatta di riporre in noi due la responsa­bilità del piano di sopravvivenza, hanno creato una pressio­ne infinita in entrambi, ma soprattutto in lei, che non era abituata ad un ruolo decisionale; devi sapere che Monpik è l'ultima rappresentante della casta regnante della dodicesima dinastia e la sua vita è sempre stata dedicata alla ricerca scientifica e allo studio; tutta la nostra gente ha vissuto in quello che voi definireste il Paradiso in Terra, ma i privilegi dei regnanti sono stati sempre leggermente maggiori: dove una persona normale si autogestisce, il familiare della casa regnante ha un gruppo di persone che letteralmente lo viziano e fanno tutto per lui o per lei; ma non pensare che sia uno stato di sottomissione, perché ogni persona ha una sua attività lavorativa primaria e una secondaria, di circa tre ore ciascuna, dove in genere la prima è di ordine scientifico e la seconda è dedicata ad attività al servizio della comunità; tra queste attività c'è il servizio ai nobili, come li definite voi, che hanno come attività secondaria, obbligatoria, la gestione amministrativa e politica della comunità; è l'obbligo che crea il privilegio all'assistenza, perché l'attività politica ed amministrativa è tra le più detestate tra di noi e difficilmente il tempo da dedicare è quello minimo, ma essendo necessaria...; la sua fortuna, nonostante l'appartenenza alla classe dirigenziale è stata di essere una rarissima figlia extra e di non essere mai stata attivamente coinvolta nella gestione amministrativa--; anche in questo gli atlantidei dimostravano la loro superiorità etica: dove, tra di noi il potere che derivava dalle cariche politiche e dirigenziali, era una delle molle principali della disonestà, della corruzione, del sopruso e dell'illegalità, nella civiltà atlantidea si era creata una pseudo nobiltà che era obbligata a presiedere alle cariche dirigenziali e politiche, ripagando la scocciatura con alcuni privilegi (passi del tempo per la carica pubblica e quindi non ne hai per la tua cura, di conseguenza qualcuno farà delle cose per te: non è certo sottomissione al potente), dimostrando che gli interessi atlantidei andavano soprattutto allo studio scientifico e alla ricerca della conoscenza, passando anche per la cura delle altre persone, tramite maniere impensabili per noi esseri umani; una carriera dirigenziale e politica era impensabile tra gli atlantidei: veniva ritenuta una cosa ai limiti della follia, una vera perversione, perché dove aveva una sua utilità pratica per la gestione della civiltà, veniva considerata del tutto inutile ai fini dell'avanzamento scientifico, culturale e “umano” della gente atlantidea, che preferiva “vivere” la scienza e la compagnia delle altre persone, cosa che spiegava gli sforzi profusi nelle modifiche genetiche sessuali; un'altra cosa che si evidenziava dalle parole di Dersyul era che il sesso non era assolutamente un tabù o, ancora più assurdamente, una cosa sporca, ma una, fortissima, espressione sociale, da condividere liberamente. Le parole di Dersyul mi fecero sentire molto felice; ad ogni momento in più che vivevo quell'avventura con quelle persone, sentivo sempre più che la mia vita stava cambiando, anche se non esattamente in meglio (la mia vita con Paolo era stata meravigliosa, immensamente felice), verso una direzione inimmaginabile; io sono figlia unica e i miei genitori sono dei veri falliti, dei dementi come solo nelle celle dei manicomi se ne possono trovare; hanno sempre anteposto delle assurde illusioni di vita alla cura della loro famiglia; mio padre ha trascorso un'intera vita alla ricerca della ricchezza, seguitando a spendere i proventi del suo lavoro in nuovi progetti faraonici, ritrovandosi regolarmente al verde, invece di accontentarsi di vivere una vita regolare, nei limiti delle proprie possibilità, economiche ed intellettive; in questi continui fallimenti ha chiaramente coinvolto me e mia madre, che essendo una debole, ha intelligentemente ritenuto di rifugiarsi nell'autocommiserazione e nell'alcolismo; ho vissuto tutta l'infanzia e la gioventù con il peso di queste situazioni, senza avere mai un punto di riferimento e dovendo crearmelo da sola, tenendomi quanto più possibile alla larga dal gorgo della mia famiglia; alla fine ho incontrato Paolo e la mia vita ha cominciato a prendere una direzione verso l'alto, piuttosto che verso l'abisso; quello che ora stavo iniziando a vivere era la presenza di un gruppo di persone, unite, attente le une alle altre: una famiglia, strana, unica, ma una famiglia, che si reggeva sulla volontà di stare insieme, perché era bello stare insieme e non obbligatorio perché c'erano dei legami di sangue; le parole di Dersyul, l'amore con Monpik, il sostegno di Paolo, che amo infinitamente, mi stavano dando qualcosa che non ho mai avuto, che non ho mai sperato di avere, neanche nei miei più favolosi sogni. Guardai Dersyul che mi teneva la mano e iniziai a piangere come non avevo mai fatto in vita mia, liberando le mie emozioni. Monpik e Dersyul erano perplessi, lo vedevo dalle loro espressioni stupite, ma Paolo spiegò loro, commosso anche lui, che ero felice, facendoli tranquillizzare e sorridere. Quella notte dormii con Paolo, senza fare sesso, ma solo felice della sua presenza rassicurante e avvolgente; mentre stavo scivolando nell'oblio del sonno, pensai a Monpik e Dersyul, rendendomi conto che, forse, il mio rapporto con lui sarebbe stato solo come quello con un fratello, al contrario di quello con Monpik, che amavo follemente, allo stesso modo, ma anche in maniera diversa, di come amavo Paolo; al momento non capivo realmente e precisamente cosa pensasse di tutta questa situazione Paolo; sapevo solo che mi sosteneva e che nulla del suo amore era cambiato nei miei confronti e tanto bastava.

Non ero particolarmente stanco, la mia giornata era stata nettamente meno intensa di quella di Chris, sia per il lato fisico che per quello emotivo, quindi, per la seconda vol­ta quel giorno, la guardai addormentarsi; mentre guardavo il suo splendido viso, sereno e rilassato, in effetti come non la avevo vista spesso e poi facevo scorrere il mio sguardo sul suo bellissimo corpo, esplorai le mie emozioni per tutta quella strana faccenda tra Chris e Monpik; lo avevo già detto a Chris, non ero assolutamente geloso perché ero certo che Monpik fosse, oltre che di una bellezza divina, al punto da essere quasi impossibile smettere di guardarla e contemporaneamente desiderarla, anche una ragazza dolcissima e tenera, che per un uomo come me era impossibile non amare; senza considerare che la sua intelligenza, il suo N.Q.I. (Nuovo Quoziente Intellettivo)3 era almeno triplo rispetto al mio, che non era certo basso (dove, per convenzione il Q.I. medio umano è 100, il mio è 225, 75 punti oltre “genio”; Chris è addirittura 230...) e questo mi intrigava enormemente; mi rendevo conto che il mio più grande amore, Christine, era molto diversa da Monpik, più spigolosa, con una personalità da sgretolare il cemento armato, con un carattere da mettere in soggezione uomini grandi e grossi e, incredibilmente, con delle abilità fisiche tali da poterla sostenere contro uomini grandi e grossi4, ma forse queste due dee si completavano e avendo dei lati che a me piacciono moltissimo, non potevano che attrarmi; alla fine rimane sempre difficile capire esattamente come mai si ama una persona, perché può anche capitare di amare una persona che non rientra nei parametri “preferiti” o, viceversa, non innamorarsi di una persona “perfetta”, dimostrando che l'amore, quello passionale, quello che rende una persona l'unica cosa realmente importante della propria vita, è un fatto del tutto irrazionale e va preso senza tante elucubrazioni. Mi trovavo difronte al fatto compiuto di amare due donne e non sapere scegliere (non che mi interessasse farlo) tra loro: amen. Quella notte, cosa più unica che rara, dormii meno di Chris ed infatti mi svegliai trovandola completamente immersa nel suo sonno; le diedi un bacio sulla fronte e una carezza sul suo viso fresco, e lei, pur seguitando a dormire, sorrise (ho sempre provato un brivido enorme nel toccarla, anche così delicatamente) e uscii, per andare a fare colazione; raggiunsi la mensa, trovandovi Monpik, vestita come il giorno prima, sempre che quell'abbigliamento fosse definibile come “essere vestiti”; ero perfettamente d'accordo con Chris che fosse assolutamente favolosa, ma ero certo che con quelle proporzioni perfette qualunque cosa si mettesse addosso avrebbe dato la stessa immagine; forse solo qualcosa di eccessivamente vistoso, avrebbe fatto una brutta impressione, un po' come quando una bambina viene truccata e vestita dalla propria mamma come una donna adulta: l'effetto è decisamente stridente, volgare; dove Chris è una bellezza dinamica e compatta, ma con quel morbido essenziale su una ragazza, Monpik è una bellezza dolce, femminile e con tante curve perfettamente proporzionate, già sfavillante di per sé, in cui ogni genere di trucco e abbellimento risulta inutile ed eccessivo. Lei sentì i miei passi e si girò; sorrise e facendo cenno alla tavola: --mangi con me?-- le feci di si con la testa, mi avvicinai a lei, la afferrai per i sodissimi fianchi e, mettendola seduta sulla tavola, per farla stare più in alto, la baciai intensamente; mi afferrò il viso con le mani (quelle delicatissime e particolari mani con quattro dita) e mi ricambiò dolcemente, stupita e felice insieme che finalmente mi fossi deciso a cedere al suo amore; avevo capito che, per lei, l'incredibile e prorompente sessualità era solo ed esclusivamente espressione dell'amore nei confronti di una persona; nonostante la libertà di costumi della sua gente, molto, molto raramente, il sesso era un passatempo o semplicemente un divertimento e coinvolgeva sempre i sentimenti delle persone interessate. Me lo aveva spiegato il pomeriggio precedente, mentre Chris dormiva, insieme a Dersyul e ora che lo avevo metabolizzato ero pronto ad aprire il cuore a quella meravigliosa dea atlantica (ora più che mai quella vecchia definizione di Chris aveva un senso). Mi strinse a se e potei sentire distintamente il suo cuore battere forte e veloce contro il mio petto, attraverso i suoi seni perfetti; si allontanò un po' da me e mettendomi nuovamente una mano sul viso, mi disse una cosa che mi lasciò a bocca aperta: --vorrei tanto avere un bambino con te--; preso alla sprovvista da quella cosa enorme, il mio cervello, per alcuni secondi, non fu in grado di emettere una sola scintilla di pensiero razionale, ma se è per questo, neanche irrazionale; quando cominciò a recuperare un barlume di funzionalità, la sola cosa che fu in grado di elaborare, fu una domanda stupida: --ma è possibile?--; la domanda era stupida, perché se Monpik mi aveva proposto una cosa del genere, essendo lei la più grande esperta di genetica mai esistita sulla Terra, doveva necessariamente essere possibile; molto pazientemente mi rispose: --si certo, con dei piccoli aggiustamenti, possiamo avere dei bambini perfettamente sani e molto, molto belli-- ridacchiò divertita dalla sua piccola battuta che era anche un complimento nei miei confronti, oltre che dichiarare l'ovvietà sulla sua bellezza. La presi in braccio, per mettermela sulle ginocchia una volta che mi fui messo a sedere anche io. Con le mie mani avvolte intorno ai suoi fianchi, la guardai dritto negli occhi, in silenzio per alcuni istanti e poi: --sarebbe bellissimo, ma prima vorrei avere dei bambini con Chris-- affermai; il viso di Monpik si illuminò: --allora sarà molto presto, perché Chris è incinta e saranno almeno due gemelli--; sgranai gli occhi: –come fai a saperlo?-- ovviamente stupito; mi rispose con disarmante facilità: --il suo odore è quello tipico di una donna incinta e l'intensità mi dice che saranno 2 o 3 bambini-- mi guardò con aria stupita, perché sicuramente il mio sguardo vacuo, le dimostrava che quello che mi aveva appena detto non mi mi era per niente chiaro –ma voi allora non lo sentite l'odore degli altri!--; dovetti ammettere che la nostra capacità di distinguere l'odore altrui era molto limitata e sicuramente non arrivava a discriminare la maternità di una donna; lei sembrò prendere la notizia con disappunto: --un altro dettaglio genetico che non ho avuto il tempo di sistemare e pensare che fra di noi è una parte della comunicazione fra le persone importatissima; ci dice delle variazioni dell'umore, della salute e anche delle modificazioni metaboliche ed organiche; dall'odore capiamo quando un bambino o una bambina passa allo stadio fertile dello sviluppo e tante altre cose, ma con calma, quando tutta questa faccenda sarà risolta, potremo mettere a posto tutte quelle cose che non ho avuto l'occasione di fare a suo tempo--; era una di quelle situazioni in cui ogni cosa detta ti metteva in difficoltà: --vuoi dire che sei stata tu a fare le modifiche genetiche ai nostri progenitori primati?--; la sua espressione divenne seria, tesa e mi resi conto che forse le stava venendo in testa che mi sarei infuriato con lei, diretta responsabile della nostra travagliata evoluzione, mentre invece io stavo collegando quella notizia con le lacrime che le avevo visto versare quando ci aveva rivelato che loro, gli Atlantidei, erano i responsabili della nostra genetica difettosa, senza, in quel momento, realizzare che quella sofferenza era della persona stessa che non aveva avuto il tempo di aggiustare al meglio il nostro DNA; le misi una mano sul viso, accarezzandola delicatamente: --mi dispiace così tanto, che sia stata costretta a tanto dolore e a tanti compromessi assurdi; nessuno dovrebbe mai essere costretto a nulla del genere...--; lei si strinse a me, con forza e sentii la maglietta, sul petto, bagnarsi. Stavamo finendo la colazione, quando una voce leggermente assonnata, si fece udire dal corridoio che veniva dalle camere da letto: --avete fatto avanzare qualcosa, soprattutto tu mangia-sauro?--; era Chris, come non ricordavo di averla mai vista, dato che era lei a svegliarsi prima di me e che vedevo sempre completamente sveglia; preso da quello spettacolo inedito e veramente affascinante (Chris è favolosa anche mezza addormentata e svela la sua parte più serena e dolce), non ebbi il tempo di rispondere niente di arguto e mi ritrovai le labbra di Chris premute con decisione sulle mie e le sue piccole e fresche mani appoggiate sul viso; fu un bacio delizioso e dolcissimo e anche lungo ma tutto ciò che ha un inizio, ha anche una fine e quindi Chris si staccò da me, girò intorno al tavolo (il giro fu rapido dato che il tavolo era da quattro), per finire, questa volta, a baciare le labbra di Monpik, con il bonus di afferrare e stringere dolcemente uno dei suoi seni, ricambiata entusiasticamente; questo bacio durò molto più a lungo, ma la cosa non mi scandalizzava, perché so perfettamente che le novità stimolano più delle cose note e Monpik, per la ferrea femminista e (finora) assolutamente eterosessuale Chris, era la più incredibile ed eccitante delle novità; certo di questo passo –non resterà molto per noi...--; girai la testa verso Dersyul che aveva completato il mio pensiero mentre arrivava; con una piccola smorfia, insieme divertita e scoraggiata, feci di si con la testa, allungando la mano verso di lui, che me la strinse; venni smentito da una nuvola di capelli biondo-dorati che mi avvolgeva e dal corpo di Chris che mi piombava addosso: --ce ne sarà sempre per te...-- seguita dal corpo di Monpik che si univa a lei in quell'abbraccio: –...e tanto!--; Dersyul si mise a ridere di gusto: --sei un uomo morto... ma bella morte!--; anche loro la pensavano come noi uomini umani in merito all'avere due donne da dover soddisfare, ma ora stavamo tutti giocando e, mentre venivo portato per mano verso la camera da Chris, ringraziai i benefici effetti dell'adrenalina che avevano svegliato Chris e benedicevo la DeA per tutto questo. Riuscii a venire fuori dal turbine sessuale con Chris solo dopo 2 ore, scoprendo, con mio sollievo e a conferma delle sue parole di poco prima, che il sesso con Monpik non aveva minimamente affievolito il desiderio di farne con me e che quindi le due cose erano perfettamente compatibili e sovrapponibili, anche se non necessariamente contemporanee; in fondo, salvo rari casi, come era appunto quella mattina, la mia fisiologia maschile umana, mi faceva dare forfait nel giro di un ora, o poco più (non sono uno di quelli che ha fretta e mi piace godermi il piacere e il corpo e anche le reazioni della mia ragazza)5, quindi il problema era casomai di Monpik che poteva, invece, andare avanti per molto più tempo, con la difficoltà di doverlo trovare il tempo, oppure interrompere prima, rimanendo leggermente insoddisfatta. Tenevo Chris abbracciata a me, quando ad un certo punto mi tornò in mente il discorso fatto con Monpik durante la colazione: --sai, subito prima che arrivasti tu, Monpik mi ha detto che vorrebbe fare un bambino con me...-- Chris si girò verso di me, per potermi guardare negli occhi –...e a quanto pare è possibile, solo che io le ho detto che avevamo in programma di averne uno anche noi e che prima vorrei che nascesse il nostro e poi mi sarebbe piaciuto molto averne uno anche con lei, se per te va bene...-- il suo splendido sorriso mi disse che ne sarebbe stata felicissima –a quel punto è venuto fuori che sarà una cosa di poco tempo, perché pare che tu sia già incinta e probabilmente di un paio di gemelli--; Chris rimase lì, meditabonda, alcuni istanti: --in effetti sono leggermente in ritardo...-- forse non ero stato chiaro, così la interruppi: --Chris, Monpik mi ha dato la notizia come certa, perché ha detto che il tuo odore è quello di una donna incinta e di almeno due gemelli--; mentre completavo la precisazione, l'espressione di Chris cambiò progressivamente, culminando in uno strillo e poi in una risata di assoluta gioia e felicità; ho rischiato di morire, perché l'abbraccio che dovetti subire era degno di quello di un boa constrictor di 12 metri, ma durò poco (fortunatamente), perché l'abbraccio divenne un bacio e poi una corsa intorno alla stanza, con Chris che strillava continuamente: --gemelli... gemelli... gemelli...--; la cosa andò avanti per un po' e poi Chris si buttò di nuovo sul letto, prima vicino a me e poi sopra di me, con i suoi incredibili occhi verdi fissi nei miei: --ciao papà, ci sei riuscito, alla fine--; ricambiai lo sguardo leggermente offeso (non ero serio): --“alla fine” cosa?-- perché erano solo due mesi che ci provavamo e solo negli ultimi giorni, con tutti i fatti che erano successi, c'era stato qualche rallentamento dell'attività, ma lei non raccolse e semplicemente mi abbracciò e baciò intensamente (di nuovo). Per l'ora di pranzo eravamo tutti nuovamente insieme e con uno sguardo di intesa con Chris, annunciai ufficialmente la sua maternità, che avevamo avuto modo di verificare con il test di gravidanza che Chris si portava sempre in giro e senza dire altro, guardai Monpik, che capì al volo e, guardando soprattutto Dersyul, annunciò le nostre intenzioni: --ho chiesto a Paolo di avere un bambino con lui, non appena e solo dopo, per sua espressa volontà, Chris fosse rimasta incinta; mi sono resa conto che ora la cosa riguarda tutti noi e vorrei che anche tu...-- riferendosi appunto a Dersyul –...e Chris diciate cosa ne pensate--. Dersyul fu il primo a prendere la parola, ma la sua espressione ed il suo sorriso già dicevano tutto: --in questi pochi giorni ho imparato ad amare e rispettare queste scimmiette evolute...-- wow, una battuta di spirito dal compassato Dersyul –...e sono infinitamente felice che la vostra e la nostra famiglia diventino una sola famiglia; mi dispiace solo una cosa, che i miei spermatozoi siano finiti, altrimenti avrei fatto volentieri un bambino con te-- guardando Chris, che corse ad abbracciarlo, mentre i suoi occhi si riempivano di liquida emozione; ora, forse, intuivo i motivi della reticenza di Dersyul nei confronti di Chris e per sdrammatizzare la buttai sul tecnico: --sei forse sterile?--; a volte mi rendo conto solo dopo averle dette delle cretinate che dico, perché la risposta di Dersyul potevo immaginarla anche da solo, almeno la prima parte: --ho detto che ho finito gli spermatozoi, non che non li ho mai avuti; vedi, anche noi maschi Gesaz siamo riproduttivamente a “termine” e possiamo avere solo 6 figli, sempre grazie allo scambio di feromoni tra le persone; poi smettiamo di produrre spermatozoi; ne ho avuti 4 con Monpik e due con un altra compagna; sia lei che i due bambini sono morti nel primo attacco di Zertwat-- un brivido mi corse lungo la schiena; Monpik aggiunse, tagliando corto per distrarre Dersyul, una cosa che mi elettrizzò e così anche Chris: --appena tutto questo sarà finito, potremo rianimarli e riabbracciarli e magari potrei mettere in cantiere un bambino anche con Chris--; Chris, ma pure io, era esterrefatta da quella possibilità, ma al momento nessuno di noi due fece commenti: eravamo saturi di emozioni e di informazioni, così accettammo la notizia così come ci era stata data. Chris chiese se erano disponibili delle immagini di quei bambini e Monpik non fece altro che accedere, dal d-pad che si portava in tasca, al sistema di archiviazione della nave; la prima cosa che potei notare fu che non erano esattamente dei bambini; erano infatti compresi tra i 13 e i 18 anni ed erano due maschi e due femmine, alternati dalla più piccola, al fratello di un anno più grande, all'altra sorella e all'ultimo fratello, i primi due e i secondi separati di tre anni; erano tutti belli in maniera incredibile, ma con quei genitori e quella genetica era scontato; la piccola era ancora una bambina, come il fratello subito più grande, ma avrei scoperto che i bambini Gesaz cominciano il passaggio alla pubertà “esattamente” a quindici anni e proseguono per tre anni, poi avendo raggiunto la maturità sessuale, al massimo seguitano a crescere di altezza e misure; infatti i due più grandi mostravano chiaramente i segni di uno sviluppo maggiore, con il maschio che era quasi un uomo e la femmina ancora una via di mezzo tra la ragazzina e la giovane donna; tutti mostravano una gioia di vivere immensa, con occhi brillanti e atteggiamento aperto, deciso e forte il maschio grande e dolce e gentile la femmina grande; i piccoli dovevano essere due terremoti, alleati continuamente nel far impazzire i fratelli più grandi e i genitori; ma mi ero stufato di doverli indicare con “il più grande, la piccola, ecc”: –come si chiamano?-- chiesi a Monpik; me li indicò dalla più giovane a crescere: --Lica, Rolly, Sone e Perz--, ecco, ora li conoscevo meglio e potevo associare nomi e visi e questo automaticamente me li fece avvicinare emotivamente; da come Chris seguitava a scorrere le immagini dei figli di Monpik e Dersyul, era chiaro che si stava innamorando di quei giovani Atlantidei e per me era la stessa cosa; le persone equilibrate, ed io mi ritengo tale, quando iniziano una relazione con una nuova persona, amano i figli di questa persona proprio perché suoi figli e quindi espressione di essa stessa e del suo amore; forse i bambini saranno gelosi, ma il rispetto del loro tempo con i propri genitori e la pazienza, generalmente superano l'ostacolo; alla fine capiranno di non avere nulla da temere e forse ricambieranno l'affetto. Anche questa situazione mi fece vedere quanto la mancanza di una famiglia vera fosse stata una cosa difficile da vivere per Chris e come quello che stava succedendo stesse colmando quella lacuna: io ero stato la sua ancora di salvezza e la sua prima famiglia; ora Monpik, Dersyul, i loro figli e i nostri futuri figli, nelle varie combinazioni, completavano il tutto; intravvedevo un futuro con tanti figli ed un'enorme ma felicissima confusione.
Il viaggio proseguì in un'atmosfera di folle felicità, ed avemmo tutto il tempo di completare la nostra conoscenza reciproca; scoprii in Dersyul un amico straordinario, come non ne avevo mai avuti e soprattutto un maestro, che mi svelò tanti dei segreti delle tecnologie Gesaz; passammo in­teressantissime giornate ad esplorare la Kryzs, collezione pratica di molte delle più avanzate conoscenze Atlantidee: i motori iper-luce, i sistemi di smorzamento dell'inerzia, che consentivano accelerazioni e decelerazioni praticamente istantanei, i sistemi di gravità artificiale, diretta derivazione dei sistemi di controllo dell'inerzia, le camere di stasi, che ol­tre ad essere utili per mantenere in stato di sonno profondo una persona, permettevano di conservare il cibo e ogni so­stanza organica deperibile in maniera indefinita e alla fine il laboratorio di genetica, in cui si potevano manipolare a qual­siasi livello i singoli filamenti di DNA o fare si che tutta la struttura genetica di una persona venisse modificata; fu quella l'occasione per capire come Monpik avesse potuto creare i presupposti per l'evoluzione della razza umana, so­stanzialmente obbligando il DNA dei nostri progenitori pri­mati ad una serie di evoluzioni forzate, che indirizzarono, nel corso di poche centinaia di migliaia di anni l'evoluzione so­prattutto cerebrale e neuronale verso l'intelligenza e l'auto­coscienza; il mattone base era stato (lo avevo sospettato) un virus artificiale che aveva infettato i primati bersaglio, inserendo un DNA che avrebbe modificato, in sta­di successivi, il codice genetico scimmiesco; il trucco era stato quello di determinare una evoluzione programmata del virus e far si che quindi le successive infezioni comportassero una nuova manipolazione del codice genetico “umano”, che quindi faceva un altro salto evolutivo; è sempre stato un mistero come il nostro cervello avesse avuto un ritmo evolutivo talmente elevato, da un dato momento in poi, che se invece avesse mantenuto il tasso di “miglioramento” medio precedente, avrebbe impiegato decine di milioni di anni per raggiungere lo stadio di Homo Sapiens Sapiens; invece nell'arco totale di un milione di anni ecco bello e pronto un nuovo essere senziente; un vero capolavoro, nonostante i difetti; i difetti, appunto; volli indagare sul lato tecnico della faccenda: --devi capire una cosa Paolo; quando si progetta una evoluzione programmata è come scrivere un programma di computer: metti giù un progetto di massima, con gli obiettivi da raggiungere, le sezioni, in questo caso le caratteristiche fisiche (la stazione eretta, pollici opponibili, occhi frontali, visione a colori, ecc.), i sensi e la loro estensione (occhi che vedono solo quella che definiamo luce visibile o magari anche ultravioletto ed infrarossi), gli organi necessari e le loro funzioni e così via; poi si passa alla programmazione del codice genetico delle singole sezioni e, fatto questo, si integrano le sezioni per far si che possano interagire in maniera omogenea; avrai sicuramente notato che è l'equivalente della creazione di un diagramma di flusso di un programma di software, con la differenza che non sono insiemi di bit a interagire in base alle regole della programmazione, ma molecole, sostanze chimiche, neurotrasmettitori, proteine, enzimi e quant'altro che in base alle regole delle biochimica vengono messe in contatto per creare un metabolismo funzionante ed efficace; ma così come in un programma di computer, anche una DNA artificiale deve essere collaudato in situazioni reali e sempre diverse, per scoprire le lacune della programmazione: il classico beta testing, cioè la correzione del programma completo ma non definitivo; è questa fase che non abbiamo avuto il tempo di mettere in atto: il programma era completo ma non è stato possibile effettuare le correzioni o le modifiche necessarie, perché dove, in un software di computer, si possono raggiungere i milioni di linee di codice, considera che l'interazione di tutte le molecole biologiche equivale a miliardi e miliardi di linee di codice; avremmo dovuto testare per almeno dieci anni il DNA finale, invece abbiamo avuto sei mesi. Alla fine su di un codice genetico non ottimizzato ha dovuto intervenire ed agire l'evoluzione naturale, con tutti i problemi del caso--; ok, tutto chiaro adesso, salvo il metodo di test; mi stavo preoccupando che il test dovesse avvenire in vivo, cioè su un prototipo di, che so, scimmia evoluta, a cui venissero applicate continue modificazioni del DNA, ma dovevo aspettarmi che i sensibili Gesaz non ricorressero, in regime di regolare ricerca scientifica, a metodi così invasivi nei confronti di un essere vivente; in realtà, mi spiegò Dersyul, si sarebbe utilizzato un sistema informatico potentissimo, in grado di simulare perfettamente il comportamento di un individuo vivente reale; è chiaro per poter fare una cosa del genere si devono avere mezzi tecnologici straordinari: un computer dalla capacità di calcolo tale da poter simulare le attività di ogni singola cellula dell'essere vivente in questione, da sottoporre a situazioni virtuali che riproducano ogni condizione ambientale possibile alla perfezione: da temperature ambientali estreme, per verificare la capacità di adattamento dei sistemi di controllo della temperatura interna, alle capacità di rigenerare i danni fisici come fratture, tagli, contusioni, ecc. e la cosa più importante di tutte, il sistema immunitario; tutto questo era possibile solo insieme alla perfetta conoscenza del comportamento di ogni singolo atomo in relazioni a tutti gli altri presenti ed interagenti nel corpo del prototipo; noi esseri umani eravamo riusciti, con grandi squilli di tromba, a simulare, con grandi approssimazioni, alcuni organi, proprio in vista di alcune manipolazioni genetiche atte a rendere disponibili gli organi per i trapianti, evitando il problema del rigetto; dove la ricerca medica umana faceva la media del comportamento dell'organo e delle milioni di cellule che lo componevano (creando un modello approssimativo), i Gesaz simulavano ogni singolo atomo presente nell'intero organismo e di tutto l'ambiente in cui questo viveva e si muoveva; mi era chiaro che eravamo ad un livello di complessità simulativa miliardi di volte più grande. I Gesaz avevano sostanzialmente riprodotto in piccolo una parte dell'Universo stesso; infatti è ormai da decenni che la nostra cosmologia teorica considera l'Universo come un computer trattando le leggi fisiche che regolano le interazioni tra le particelle come programmi; immediatamente i nostri scienziati si sono resi conto che ben difficilmente saremmo mai riusciti a creare un computer di tale potenza, ma i Gesaz avevano superato il problema, prima di tutto, limitando l'ambiente della simulazione e poi creando la vera macchina di calcolo quantistica; dove le nostre migliori macchine utilizzavano vari parametri particellari (i numeri quantistici) per estendere la potenza di calcolo di un computer, i Gesaz avevano esteso i calcoli a dimensioni ulteriori, sfruttando la natura multidimensionale nel infinitamente piccolo della trama dello spazio; per noi le sette dimensioni ripiegate (oltre le solite quattro) che componevano la trama dell'Universo erano una teoria quantistica matematica, per loro strumenti di calcolo di uso comune. Ero in piedi davanti al nucleo del computer, una sfera di circa 25 centimetri di diametro; da quello che mi aveva detto Dersyul quella palla aveva la potenza di calcolo di tutti i processori (di qualunque tipo, da quelli presenti nelle calcolatrici a quelli utilizzati nei centri di ricerca più avanzati) esistenti in tutto il sistema solare, che liberati dal case (l'involucro esterno dei processori e dei server), avrebbero occupato un magazzino grande come una grande città. Nei fatti avevo davanti a me un portale dimensionale, che consentiva a tutte le dimensioni di essere in collegamento e grazie a questo creava uno spazio artificiale infinitamente piccolo, per me che lo osservavo, ma in realtà enormemente vasto, in cui le leggi fisiche erano decisamente diverse, ma consentivano alla materia presente di essere manipolata ai fini del calcolo quantistico; Dersyul mi aveva fatto vedere le equazioni che descrivevano quel computer ed il suo funzionamento: decisamente complesse; avevo imparato molto di quel tipo di matematica grazie a Simona ed ero sicuro che non sarei stato in grado di dipanare quelle formule, perché vedevo chiaramente che erano state inserite delle funzioni mai viste in nessun modello fisico elaborato prima; uscimmo dalla sala CQ (Calcolo Quantistico), passando per il laboratorio di genetica, diretti verso la sala motori; avevamo programmato di tornarci in un altro momento per vedere una simulazione in tempo reale di un organismo vivente inventato sul momento, ma ora la mia curiosità per l'apparato motore che riusciva a travalicare quei limiti assoluti che ci erano sempre stati posti dalle leggi fisiche conosciute fino a quel momento, era diventata “impellente”; mentre ci incamminavamo lungo il corridoio G-P (genetica-propulsione) cominciammo a sentire una vibrazione, che di attimo in attimo stava diventando sempre più forte; Dersyul si appoggiò ad una delle pareti per sorreggersi e si girò verso di me: --buco nero--; la sua espressione era decisamente allarmata; mi sorpassò iniziando a correre verso la sala comando; lo seguii senza fare domande e nel giro di 30 secondi entrammo come due missili teleguidati nella sala comando dove una terrorizzata ed indaffaratissima Monpik stava massacrando il touchscreen di controllo dei sistemi di propulsione; mentre iniziavamo a correre in direzione della sala comando, avevamo sentito alle nostre spalle, il motore salire di tono e nonostante che la distanza fosse cresciuta parecchio, il suono emesso dal motore era sempre più forte e suonava parecchio male, segno che il suo equilibrio era stato intaccato; anche Chris era presente nella sala di comando e fissava il suo sguardo, senza battere ciglio, sullo schermo davanti a sé; non era terrorizzata, ma semplicemente preoccupata; girai gli occhi anche io nella direzione di quelli di Chris; io, al contrario di Chris, so esattamente cosa è un buco nero; insieme a Simona era stato una delle cose che avevo sviscerato con la maggiore attenzione, perché le cose immensamente potenti e pericolose, almeno quando stanno alla giusta distanza e sono raffigurate sulla carta o su di un simulatore computerizzato, sono sempre state infinitamente affascinanti, ma ora avevo davanti a me la più immensa forza della natura, talmente potente da fermare il tempo, da curvare lo spazio, da impedire anche alla luce stessa di sfuggire, che nascono dalle più potenti esplosioni di materia, le supernove e che se interagiscono con altri mostri stellari, come le stelle di neutroni o altri buchi neri, generano degli impulsi di energia che per brevi istanti rivaleggiano con l'energia generata dall'intero Universo (i GRB: Gamma Ray Burst); l'indicatore dell'ingrandimento diceva 1:1.000.000 e l'immagine mostrava un enorme voragine nera, che riempiva lo schermo al 80%, circondata da una folle turbinio di materia ed energia; la scala e l'ingrandimento mi dicevano che quel buco nero aveva un raggio di almeno un milione di chilometri e che quindi conteneva una massa di milioni di stelle equivalenti al Sole, una vera mostruosità galattica, in una galassia che conteneva circa 100 miliardi di stelle; tutto questo era molto, ma molto male; la vibrazione era ormai diventa uno scuotimento violentissimo e gli allarmi sia sonori che luminosi urlavano, verrebbe da dire guaivano disperati, i sistemi di smorzamento inerziale erano al limite di sopportazione e presto, se non si fosse riusciti ad uscire dal campo gravitazionale del mega buco nero, la Krizs sarebbe andata in pezzi; mi girai verso la consolle di comando principale, dove ora ad essere in panico totale erano in due, e mi avvicinai al quadro di comando; vidi chiaramente che le impostazioni erano su “auto” e questo significava che il sistema di controllo reagiva al pericolo in maniera automatica, ma dato che per qualche strano motivo eravamo arrivati, in maniera improvvisa, troppo vicini al buco nero, il sistema reagiva a scatti, perché per riuscire a contrastare la potenza di attrazione gravitazionale doveva prima accumulare una quantità sufficiente di energia e poi, raggiunta la soglia, la rilasciava; questo emettere gli impulsi di “antigravità”6, creava la vibrazione e mandava in tilt tutto il sistema di navigazione; cercai di farmi sentire nel frastuono: --Dersyul, dobbiamo mettere in manuale il sistema di controllo!-- mi guardò senza dire una parola, valutando silenziosamente le mie parole, tornò a guardare il touchscreen e dopo alcuni secondi disattivò ogni automatismo, ma non prima di essersi messo seduto sulla poltrona di pilotaggio ed aver messo le mani sul joystick direzionale e sulla manetta che comandava l'emissione di energia dei motori; appena disattivò gli automatismi di sicurezza, iniziammo immediatamente e bruscamente a precipitare verso il buco nero, ma Dersyul modificò prima l'assetto della Kryzs, mettendo la prua in una direzione leggermente sopraelevata rispetto all'orizzonte degli eventi, per poi iniziare a dare potenza ai motori; immediatamente l'inversione della direzione e la mancanza degli smorzatori di inerzia, fecero aumentare la sensazione di peso percepito; la soluzione arrivò immediatamente: --mettetevi seduti e allacciate le cinture di sicurezza; attiverò gli smorzatori di inerzia solo per i sedili!--; appena fummo tutti sistemati, attivò il dispositivo e tornammo ad essere leggeri; ora Dersyul aveva a disposizione tutta la potenza generata dalla Krizs e stava sfruttando anche la stessa attrazione del buco nero per cercare di eluderlo; stavamo planando come un aliante tangenzialmente all'orizzonte degli eventi e sembrava di essere seduti direttamente sopra al motore di una automobile da competizione; era un suono immenso, ma bellissimo, che parlava di brutale determinazione, di ferrea volontà di primeggiare, di non farsi battere e mi sembrava di conoscerlo; di colpo fummo fuori dal campo di attrazione del mega buco nero e la velocità crebbe mostruosamente, venendo a mancare il freno della gravità; Dersyul diminuì la potenza dei motori e non appena fummo completamente al sicuro, portò la manetta a zero; il silenzio che ne derivò era assoluto; iniziai ad allentare le cinture di sicurezza e potei tranquillamente mettere i piedi a terra, dato che la gravità artificiale era stata ripristinata; Dersyul e Monpik era sfiniti, ma Chris, ora che la paura era passata se ne venne fuori con un euforico: --rifacciamolo, era come andare con la macchina del nonno!-- ecco cosa mi ricordava il suono del motore della Kryzs!; Chris si riferiva alla macchina a combustione interna di suo nonno, che avevo conosciuto e guidato in occasione di una vacanza il primo anno che stavamo insieme. 
 
1 Tanto vale considerare l'astronave intera come se fosse il sistema di I.A. stesso, che è come dire che il mio cervello o la mia mente sono io, cioè tutto il mio corpo, dato che il mio corpo non funziona e quindi non esiste come entità attiva, senza il cervello in cui risiede la mia mente, cioè io stessa.
2 Neanche gli atlantidei sanno come Rudy usi lo spostamento nel sub-spazio, ne di con­seguenza sanno se sia in grado di fare spostamenti, relativi allo spazio normale, su grandi distanze.
3 Il metodo con cui si determina il N.Q.I. differisce dal precedente perché contestualizza il test basandolo sulle effettive conoscenze acquisite dalla persona di cui si vuole stabilire il valore di I.A. (Intelligenza Assoluta) e non pretendendo che la persona abbia un back­ground scientifico; in parole povere si va a calcolare la vera capacità di risolvere un problema, la capacità di adattamento, che è la vera espressione dell'intelligenza con­trapposta all'istinto genetico; alla fine si può avere un valore più alto in persone meno istruite o colte, rispetto a persone laureate o molto istruite; in altri tempi c'era un detto che, in fondo, rispecchiava già questa nuova mentalità: “scarpe grosse e cervello fino”, riferendosi a contadini, perfino incapaci di leggere e scrivere, ma estremamente intelli­genti e scaltri, capaci di mettere in scacco nobili finemente istruiti, incapaci di risolvere qualunque cosa se non con l'aiuto di servi e attendenti. Quanti se ne conoscono, che vanno vantandosi dei loro titoli accademici (ottenuti studiando a memoria e ripetendo a pappagallo) e del loro ruolo (ottenuto con i titoli di cui sopra), snobbando chi gli tiene pu­lito l'ufficio 'che essendo senza titoli di studio fa “lo sguattero” (o la sguattera), ma che gli darebbe punti se solo avesse potuto prendersi il benedetto-maledetto pezzo di carta, senza il quale non può accedere che a lavori puramente manuali.
4 Una volta uno di questi uomini grandi e grossi, che era un mio amico all'università e che conoscevo da molto prima di incontrare Chris, ci vide affrontare alcuni suoi compagni della squadra di football, che prima si erano messi ad importunare Chris e che poi ave­vano fatto fronte comune contro di me, accorso a darle man forte (non tanto per difenderla, ma quanto per essere al suo fianco), e vista la loro ritirata vigliacca (erano in sei contro me e lei, ma uno era finito con la spalla lussata da Chris e un altro lo avevo scaraventato di peso cinque metri più in là, contro un muro), si era avvicinato a noi, ci aveva squadrati a tra il divertito e il preoccupato e così ci aveva apostrofati: --neanche un bulldozer ce la farebbe: tu...-- riferendosi a me –...lo spaccheresti in due e tu...-- indi­cando Chris –...lo faresti fuggire terrorizzato!--
5 Ho imparato, con l'esperienza, che l'unica maniera di avere una durata complessiva maggiore è quella di non pretendere di essere super-uomini e che, se si ha una compa­gna fissa e quindi si ha un'attività sessuale regolare, non si può avere più di due orgasmi alla volta e non immediatamente e che si può ripetere la cosa solo dopo varie ore, fino a 8-9; conseguentemente, dato che per una ragazza la cosa è completamente diversa (orgasmi multipli e di vario tipo, amplificati e moltiplicati da stimolazioni di vario genere e sopratutto nulla che debba essere indurito e mantenuto tale, ma che è solo sufficiente lubrificare), è bene imparare a prendersi delle pause, durante le quali ci si potrà dedicare al piacere della propria compagna: durerà di più il nostro coito e alla fine sarà molto più intenso l'orgasmo sia nostro che del nostro amore, che difficilmente, quando tutto sarà finito, rimarrà insoddisfatta. Tutto questo non vuol dire che in qualche rara occasione non ci possano essere delle rapidissime ed intense esplosioni sessuali, ma non se ne può fare una regola: da che mondo è mondo vale solo come sfogo e non soddisfa nessuno; con il passare degli anni, l'invecchiamento colpisce tutte le facoltà, comprese quelle sessuali e le conseguenti capacità di recupero calano: a 18-20 anni farne due-tre di fila la mattina e ripetere la cosa il pomeriggio (pur non tutti i giorni) era possibile, ora quindici anni dopo è un “pochino” più difficile.
6 Come già spiegato la gravità negativa non esiste e si contrastava la gravità con una gravità virtuale che tirava in direzione opposta al campo da contrastare. Ma per conven­zione e semplicità la si chiama antigravità.